Il significato del Giorno della Memoria. Intervista a Ugo Volli
Ogni anno il 27 gennaio celebriamo la Giornata della Memoria per ricordare l’evento tragico della Shoah. Ugo Volli nel suo libro “MAI PIU! Usi e abusi della Giorno della Memoria”, analizza il significato attribuito alla ricorrenza evidenziando l’importanza di commemorare, ma anche il rischio di banalizzare i fatti accaduti, proprio perché si è scelto il giorno dedicato alla Memoria.
L’autore nel suo libro compie un percorso che parte dalla scelta del 27 gennaio come Giorno internazionale per ricordare e parlare della Shoah, fondamentale secondo Volli, ma la scelta di una unica data tralascia alcuni dettagli come la storicizzazione dei fatti. Quindi come si può continuare a parlare di memoria senza generalizzare o banalizzare questo concetto?
In un’intervista per HaTikwa, il Professor Volli spiega alcuni meccanismi che esplicita nel suo libro.
In che modo si potrebbe abusare della Memoria?
“Nel momento in cui si deforma il ricordo, come ad esempio il festival della memoria a Ferrara, quando Moni Ovadia ha paragonato la condizione degli armeni alla Shoah, o addirittura quando i negazionisti sostengono che le camere a gas servissero per disinfestare.
Ecco in questi casi si parla di abuso della Memoria”.
Cosa si dovrebbe fare perché il ricordo di quanto accaduto inciti le persone a portare avanti la Memoria senza correre il rischio di banalizzarla?
“Circa venti anni fa è stato istituito l’Holocaust Remeberance Day, perché si stava perdendo il significato di tutto l’accaduto, sia a causa dei negazionisti, sia per la scomparsa dei sopravvissuti.
Lo strumento del Giorno della Memoria è importante, nonostante non sia una data di qualche fatto accaduto in uno Stato. Bisogna utilizzarlo bene, senza mischiarlo ad altri crimini accaduti, poiché è rilevante che ogni infamia abbia il suo ricordo e la sua condanna.
La differenza con i Pogrom è questa: non c’è un giorno dedicato, internazionalmente parlando.
Per evitare la banalizzazione la Shoah deve essere studiata, documentata, compresa nella sua individualità, e soprattutto va spiegato con pazienza e intransigenza l’inesistenza dei paragoni con altri avvenimenti”.
Nella Presentazione del libro che c’è stata a Milano il 16 gennaio, ha sottolineato la questione dell’occultazione della cultura ebraica all’interno dei Memoriali, come pensa si possa cambiare?
“La shoah nasce da un percorso lunghissimo: inizia nel 1100 con piccole “shoah” anche semplicemente per quello che si diceva sul conto degli ebrei, che non era proprio razzismo, ma odio su cui bisogna interrogarsi.
La shoah non è un atto isolato, ma un insieme di fatti. Questo è il modo per integrare l’ebraismo; il Memoriale è il posto per insegnare che l’antisemitismo è un fatto permanente e non segregato”.
Parlando invece degli attuali fenomeni di antisemitismo: il funerale nazista di qualche giorno fa, i no vax che si paragonano agli ebrei perseguitati. Questo è un abuso della memoria che aumenta l’odio? Come reagire a questi episodi?
“Il funerale con svastica resta un culto del fascismo e del nazismo: piccoli e pericolosi che qualvolta agiscono, come accade negli Stati Uniti.
Bisogna fare una distinzione: come per funerale sono neonazisti che tendono a negare la shoah, i no vax banalizzano, non la negano. In testa hanno l’idea di un fatto avvenuto e grave, proprio per questo fanno un paragone così assurdo; si sentono come gli ebrei nel 1938 con le leggi razziali, privi della loro libertà.
Ragion per cui, una cosa è negare e un’altra è servirsi, ad esempio di Anna Frank, come simbolo di una condizione che si vuole imporre, in questo caso una libertà alternativa a causa del covid.
Un altro discorso ancora è paragonarsi in maniera impropria come i no vax e questo significa banalizzare. Nella loro testa non comporta odio, non capiscono la differenza. È uno sfruttamento sciocco di un luogo comune e riparte con quell’idea di male assoluto”.
Antisemitismo e anti Israele come si può spiegare la differenza?
“Non si accetta più l’etichetta antisemita. Il concetto rimasto è che gli ebrei nascono con il privilegio di essere ebreo quindi devono pagare, si può estendere con la base di Palestina e Israele, perché si parla d’ebrei e non di israeliani e qui rimangono segnali di allarme.
Occorre essere lucidi e realisti: ora l’antisemitismo è uguale ad anti Israele, è un circuito. Va bene distinguere, però non è corretta l’intera separazione.
Anche gli ebrei che rifiutano lo stato d’Israele collaborano con ebrei antisionisti che spesso si legano a non ebrei antisemiti. Su questo bisogna interrogarsi. Ad esempio: un giovane filosofo che viveva nella Vienna dell’inizio 900 ha deciso di uccidersi per eliminare l’ebreo che era in sé, oppure Pablo cristiani il principale antagonista del 1300 ha fatto campagna sulla distruzione del talmud. Esistono tante sfumature su cui bisogna porsi domande e rispondere in modo differente”.
Come si distingue il Ricordo dalla Memoria?
“La differenza tra ricordo e memoria, è che nel primo va aggiunta la storia; invece la memoria è più organizzata: la memoria sociale è spesso costruita in qualche modo in maniera ideologica.
Se pensiamo al mondo ebraico, il termine zachor, come il titolo del libro di trattato di Yerushalmi, è usato nel senso di memoria. Nella semantica emergono due caratteristiche: in primo luogo, per esprimere relazioni sociali, in secondo luogo si estende sul piano pratico come Zachor at a Shabbat che riporta all’osservanza.
Persino nello Shema c’è scritto di portarsi il ricordo, modello di conservazione di memoria, che riporta all’azione.
Quindi fare memoria della Shoah non ha solo scopo enunciativo, ma impegnarsi affinché non accada mai più”.