Who’s WHO?
di Gavriel Hannuna
AIDS, malaria, tubercolosi, ebola. Se stai leggendo questo articolo probabilmente sei nato nella parte “giusta” del pianeta; dove queste malattie non sono un problema insormontabile, dove il sistema sanitario e la ricerca scientifica si muovono a passi da gigante, e dove le malattie problematiche sono quelle degli eccessi: diabete, problemi cardiovascolari, alcuni tipi di cancro.
Il 7 aprile 1948 nasce la World Health Organization (WHO, OMS in italiano), con l’obiettivo di unire i paesi di tutto il mondo per affrontare insieme le crisi sanitarie. Alla luce della decisione di Trump di tagliare 900 milioni di dollari di fondi, è giusto chiedersi cosa abbia fatto l’OMS per noi in questi 72 anni di attività. Nel 1950, guidò un programma di vaccinazione per la tubercolosi; nel 1958 iniziò una task force per sradicare il vaiolo (che uccideva 2 milioni di persone all’anno in tutto il mondo), nel 1979 ci fu l’annuncio storico dell’eliminazione del vaiolo su scala globale, la prima malattia ad essere sradicata nella storia umana.
Nel 1977 iniziò a lavorare al programma Health For All, un progetto per esportare un servizio sanitario di base in tutto il mondo; morbillo, polio, AIDS, e molte altre malattie sono state, e sono ancora, nel mirino dell’OMS in questi anni. Con soli 2,4 miliardi di dollari all’anno questa organizzazione fornisce una leadership scientifica e gestisce 35 operazioni d’emergenza sanitaria, soprattutto nei paesi del Terzo mondo. Se pensate che 2,4 miliardi siano abbastanza per gestire la sanità mondiale, sappiate solo che il Center for Disease Control americano quest’anno ha avuto un budget di 12,7 miliardi di dollari.
Nonostante il budget ristretto, l’OMS ha comunque fornito dati, analisi e consigli sulla salute pubblica durante l’epidemia di Covid-19, dal 21 gennaio ha iniziato a pubblicare report giornalieri, ha preparato video e documenti informativi su norme di salute pubblica e su informazioni rilevanti per combattere questa epidemia. Si può dire che ci sia stata una risposta lenta, anche causata dall’assenza di dati e dal ritardo dei cinesi nel rendere il tutto pubblico; ciò nonostante, resta il fatto che molti paesi non hanno ascoltato le opinioni degli scienziati per molto tempo, reagendo con estremo ritardo. Tra i tanti esempi ci sono l’America, che a metà marzo ancora non si decideva a entrare in un lockdown completo; la Spagna, che l’8 marzo ha permesso a migliaia di persone di manifestare in occasione della Festa della donna; la Francia, con i suoi raduni di gente vestita da Puffo; e l’Italia, con le “maratone” dei milanesi verso il sud.
Bisogna ricordarsi che gli scienziati hanno il compito di ricercare e consigliare, la classe dirigente si deve preoccupare di agire. La notizia del taglio di fondi all’OMS è stata una grande sorpresa per me, perché ero sicuro che i governi avessero iniziato a capire l’importanza di lavorare al fianco di scienziati ed esperti, e invece il più grande finanziatore dell’unica organizzazione sanitaria mondiale ha deciso di chiudere i suoi rubinetti.
Oltre a guardare al passato e al presente, dobbiamo cercare di guardare al futuro, capire in che direzione si sta muovendo la medicina e agire di conseguenza. Con la recente rivoluzione biotecnologica, scienziati e storici concordano sul crescente pericolo dell’aumento dell’ineguaglianza sanitaria. Già adesso il Primo e il Terzo mondo hanno una classe di malattie completamente differenti, un’aspettativa di vita con 20 anni di differenza, una mortalità infantile ad anni luce di distanza. Tutti questi fenomeni si amplificheranno nel corso del tempo, soprattutto se non si agisce a livello internazionale.
Possiamo entrare in una nuova era della medicina uniti, con regolamentazioni comuni e con problemi comuni, oppure possiamo continuare ad essere divisi e a lasciare qualcuno indietro strada facendo: un dilemma dei prigionieri in scala mondiale. Nel suo saggio Homo Deus, Lo storico israeliano Yuval Noah Harari ci fa notare che rischiamo di arrivare a dividere l’umanità in “superuomini” e “troppo poveri per essere superuomini”. Forse tutto questo potrebbe essere evitato aumentando la collaborazione scientifica internazionale e l’influenza degli esperti nei nostri governi. Forse l’OMS potrebbe essere usata come un’impalcatura per un’organizzazione più grande e più forte. Forse.
L’Unione Giovani Ebrei d’Italia (UGEI) è un’organizzazione ebraica italiana. Essa rappresenta tutti gli ebrei italiani di età compresa tra i 18 e i 35 anni. L’organo ufficiale di stampa UGEI è HaTikwa: un giornale aperto al confronto di idee.