Tolleranza può dirsi in molti modi
Il concetto di tolleranza, motivo di numerose lotte fisiche o ideali, dovrebbe esser posto come sostrato di ogni società che si reputi civile e democratica. Spesso però se ne dimentica la pregnanza passata scordando quanto risulti fondamentale per il presente.
Siamo figli diretti di un Illuminismo che era solito promulgare messaggi di pace e uguaglianza e che solo parzialmente è riuscito nel suo intento, lasciandoci nelle mani ancora tanto odio. Oggi il concetto di tolleranza assume un significato più ampio rispetto a ieri; ingloba anche l’accezione di tolleranza religiosa ma non si esaurisce con essa. Si parla di tolleranza in riferimento alla convivenza con minoranze o per definire quell’insieme di valori plurali che risulta “comprensivo di ogni forma di libertà, morale, politica e sociale” (N. Bobbio, “Le ragioni della tolleranza”, in “L’intolleranza: uguali e diversi nella storia”, a cura di R.C. Bori, Il Mulino).
La tolleranza risulta così analizzabile da diverse angolazioni. Una di queste la vede in prospettiva del riconoscimento della nostra fallibilità e dall’inclinazione a sbagliare (“Dizionario filosofico” di Voltaire) tuttavia risulta oggi poco esaustiva. Il valore semantico che la parola è in grado di assumere risulta proporzionale allo sviluppo della società e ne abbiamo avuti di cambiamenti negli ultimi due secoli e mezzo! Ciò che in passato si restringeva al panorama religioso oggi deve declinarsi in diversi modi: sociali, economici e soprattutto culturali. Ciò avviene perché è la sfera in cui viviamo ad apparire priva di confini netti o di identità stabili e dunque risulta necessario rivalutare il concetto di tolleranza, talvolta estremizzandolo. In passato bastava la sopportazione, oggi è indispensabile il riconoscimento delle singole differenze. Il tutto rimane pura teoria perché la messa in pratica è altra cosa: richiede notevoli sforzi e la capacità di cedere parzialmente quella libertà a cui spesso non si è disposti a rinunciare.
Tale questione risulta un tema funzionale non solo ad ambiti giuridico-filosofici ma anche a quell’universo letterario capace di analizzarne le sottigliezze con una leggerezza differente. Questo Pirandello lo sapeva bene: dedicò una delle sue novelle, “Un goj”, alla faticosa coesistenza di un genero “giudeo” e un “suocero cattolico”. Ciò che fa riflettere è il significato che qui il termine assume e che risulta uguale e opposto. “Goj” viene utilizzato per descrivere un ebreo e un non ebreo e ciò non avviene solo in lingua italiana ma anche in inglese. E questo è un esempio non banale di come la stessa parola si presti, ironicamente, a delineare più cose, talvolta molto distanti. L’analisi letteraria non termina di certo qui, si espande e cresce parallelamente a quella filosofica o sociologica, utilizzando strumenti differenti ma portando allo stesso effetto: l’analisi vigile e accorta di un concetto che più che mai risulta attuale e che è destinato a mutare sempre più velocemente nei protagonisti e dunque nei suoi scenari e contenuti.
L’Unione Giovani Ebrei d’Italia (UGEI) è un’organizzazione ebraica italiana. Essa rappresenta tutti gli ebrei italiani di età compresa tra i 18 e i 35 anni. L’organo ufficiale di stampa UGEI è HaTikwa: un giornale aperto al confronto di idee.