Suffragio universale: conquista o maledizione?
L’anno che si è da alcuni mesi concluso, dal punto di vista politico, ha avuto dei risvolti negativi storici. Ci riferiamo, su tutti, al risultato del referendum sulla Brexit a giugno, che, sovvertendo i sondaggi, ha sancito il divorzio tra il Regno Unito (o Londra, come dicono i media) e l’Unione Europea, e alle elezioni negli Stati Uniti d’America, che anch’esse hanno riservato una sorpresa, ossia la vittoria della controversa e ambigua figura del miliardario Donald Trump. Da ultimo, in Italia, possiamo annoverare anche il referendum costituzionale promosso da Matteo Renzi, che è naufragato nel no, sancendo anche la fine del governo dello stesso Renzi. Non si tratta però di tre eventi isolati: sono già alcuni anni che i partiti populisti, razzisti e xenofobi stanno ottenendo facilmente consensi nella maggioranza della popolazione, in nazioni come la Francia (quella più emblematica), ma anche in Ungheria, Polonia, Slovacchia, Austria. Ne sono la dimostrazione le elezioni europee del 2014 e le elezioni politiche e amministrative di questi stati.
Come si lega a tutto ciò la questione del suffragio universale? Con un concetto molto semplice: se qualcuno sale al potere, significa che c’è chi l’ha liberamente eletto (ci si riferisce a paesi che sulla carta sono democratici e lasciano a ciascuno la libertà di scegliere, tra cui i paesi europei o Israele). E chi è che è andato a votare? Tutti i cittadini maggiorenni, senza alcuna distinzione! Per guidare un’automobile è necessaria una patente, per esercitare un certo tipo di professione è necessario un determinato titolo di studio, ma per recarsi all’urna non è necessario nulla, se non aver compiuto diciotto anni. Il diritto di voto quindi non viene negato a nessuno, e a noi che viviamo nel XXI secolo sembra normale e logico, ma pensiamo a quanti decenni e secoli sono stati necessari per arrivare a una simile conquista. Prima le classi nobiliari, poi via via fino a estendere tale diritto a tutti i cittadini di sesso maschile, e infine, nel 1946, anche alle donne. Davvero una grande conquista.
Dove sta il però? Il però arriva nel momento in cui abusiamo o non facciamo un buon utilizzo di un dono che ci viene dato. E se non sappiamo come si può godere del dono ricevuto, questo dono si trasforma in un boomerang, in un’arma contro di noi. Spieghiamo meglio che cosa significa tutto ciò: nel mondo dei social network in cui tutti si espongono indistintamente a un pubblico vastissimo e sconfinato, non è difficile capire quale sia il livello delle conoscenze anche di base che molte persone hanno. Capita spesso su Facebook di imbattersi in pagine come ad esempio “Adotta anche tu un analfabeta funzionale”, che raccoglie commenti che denotano un’ignoranza fuori dall’immaginabile appunto dei cosiddetti analfabeti funzionali, o nell’ancor più eloquente “Abolizione del suffragio universale”, che raccoglie commenti, video, fotografie, screenshot che testimoniano lacune storiche, geografiche, politiche, linguistiche davvero imbarazzanti. Esempio emblematico fu una puntata del telequiz di Rai1 “L’eredità” resa celebre dal web, in cui ben tre concorrenti riuscirono nell’impresa di collocare figure come Hitler e Mussolini nel 1948, addirittura spingendosi al 1979 (le opzioni di risposta erano quattro e solo una, il 1933, era compatibile con il periodo storico dei due dittatori). La domanda che sorge è: ma queste persone dove hanno studiato la storia? Chi l’ha insegnata? Su quali libri hanno letto per dare risposte del genere? Ma certamente non sono gli unici esempi di colossale ignoranza di cui il nostro paese è ricolmo.
Di fronte a tali scempi, il commento ormai ricorrente è: queste persone hanno diritto di voto come noi, queste persone vanno a votare. Dove sta il rovescio della medaglia del suffragio universale? Nel fatto che i partiti populisti e xenofobi fanno leva proprio sull’ignoranza delle persone, formulando frasi e slogan molto facilmente comprensibili, con parole semplici, trascinanti e coinvolgenti, che inducono l’elettore che non sa e che non conosce a sposare immediatamente la loro causa, e a fare la propria scelta non più di testa, ma di pancia, seguendo la moda del momento.
Allora torniamo alla Brexit: il 23 giugno 2016 i cittadini britannici erano chiamati a decidere se uscire dall’Unione Europea o rimanerci dentro. Sono stati documentati da numerose fonti (il “Financial Times”, “Internazionale”, il “Sole 24 Ore”) molteplici casi di persone che dopo l’esito del referendum sono andate a vedere che cosa fosse l’Unione Europea. Ebbene sì, stiamo parlando di persone che hanno votato senza neanche sapere per cosa. Tuttavia votare era un loro imprescindibile diritto. In fin dei conti anche in Italia quante persone si lasciano travolgere dallo slogan che Berlusconi è stato l’ultimo Presidente del Consiglio eletto dal popolo, senza nemmeno sapere che non è il popolo a nominare il Primo Ministro, bensì il Presidente della Repubblica? Non è questa la sede per fare una lista di scandali e scempi che si leggono sul web, qui riportiamo solo gli esempi più significativi che tutti conosciamo.
E allora, possiamo dire che lo status quo non può funzionare. Ci sono tre elementi che, diversamente declinati, lo compongono: le scelte dei politici, la preparazione culturale dei singoli cittadini e il suffragio universale. Se non si vuole toccare il suffragio universale (e se ciò mai dovesse avvenire sarebbe la peggiore sconfitta per qualunque sistema politico), bisogna necessariamente intervenire sugli altri due fattori. È strettamente necessario far decidere a una massa impreparata di persone il destino europeo dell’intera nazione del Regno Unito? Non è obbligatorio, anzi, in Italia è pure proibito (la Costituzione vieta esplicitamente i referendum sui trattati internazionali). Si può fare promozione e “marketing” di come funziona una determinata tornata elettorale (elezioni politiche, amministrative, referendum) sui canali di massa accessibili “culturalmente” a tutti (es. TV e riviste)? Sì, si può. Già ogni volta che si vota abbiamo lo spot pubblicitario del governo che spiega le “istruzioni per l’uso”. Ma è possibile approfondire e spiegare a tutti in modo elementare le leggi e le norme specifiche in materia? Forse sì, e può servire come aiuto a tutti per capire meglio dal punto di vista sostanziale cosa si sta andando a fare. Ma la soluzione più efficace e allo stesso tempo utopistica sarebbe rivedere il suffragio universale: non abolirlo, rivederlo. Potrebbe essere ad esempio l’istituzione di una “patente elettorale”, e con questa scusa, mandare adulti e meno adulti a scuola di educazione civica, per imparare come funziona il sistema di governo del nostro paese e con esso le relazioni con gli altri paesi, e perché no, stimolarne l’interesse per approfondire poi in futuro. Ma guai a dirlo, è pura utopia, e solo pensare una cosa del genere ci farebbe passare dalla parte dei dittatori.
L’Unione Giovani Ebrei d’Italia (UGEI) è un’organizzazione ebraica italiana. Essa rappresenta tutti gli ebrei italiani di età compresa tra i 18 e i 35 anni. L’organo ufficiale di stampa UGEI è HaTikwa: un giornale aperto al confronto di idee.