Se i morti valessero BTP e facessero alzare lo Spread
Hatikwa (D.Moresco) – “Torniamo umani”, dicevano. Il motto è un po’ di tutti e vale un po’ per tutto. Purtroppo c’è anche chi ne abusa, come gli antisionisti, facendo riferimento ad Israele ed alle problematiche del Medioriente. In un articolo, in linea teorica, il giornalista di turno non deve mai ripetere la stessa parola più volte, per non incorrere in ripetizioni e annoiare il lettore. Nella politica, ahimé, è l’esatto opposto: più si ripete, più entra nella testa delle persone e, di conseguenza, più ne aumenta il successo. “Torniamo umani”, quante volte lo abbiamo sentito. Nell’ultimo anno è lo slogan di chi si oppone alle politiche Salviniane riguardo i migranti, mentre anni prima si riferiva agli attentati in Europa per mano del terrorismo islamico. Sempre le stesse parole, stessa volontà sterile: far ritrovare senno a chi non lo ha mai avuto. Come insegnare parole d’amore a chi è affetto da analfabetismo emotivo: inutile. Mettiamo da parte per un momento gli slogan, pane e Nutella, i disturbi emotivi e la politica, e diamo voce ai numeri. Quelli sì, non mentono mai.
Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), poco attendibile quando si riferisce ad Israele, ma sul resto, più o meno, è corretta, nel 2018 la traversata del Mediterraneo centrale è costata la vita a 2275 persone. Il tasso di mortalità è aumentato rispetto al 2017 a cause delle politiche di deterrenza totale adottate dai governi europei, che hanno di fatto sospeso le missioni di soccorso e hanno ostacolato l’attività delle organizzazioni umanitarie in mare.
Inutile imbattersi nel dibattito secolare “accoglienza [sì] o [no]”, come se per salvare le vite delle persone fosse necessario un voto popolare o un sondaggio su Facebook. Il problema è che le traversate costano vite umane, non Btp; fanno annegare vecchi, giovani, donne e bambini, ma non fanno impennare lo spread. Allora che ce ne importa? Questo è il problema: nulla. Ipotizziamo per un momento che delle 2275 persone non ci interessi – sì, lo so, per qualcuno sano di mente sarebbe impossibile -, immaginate che il problema immigrazione in Italia non ci fosse. Di che parleremmo ora? Del nulla. Ai media basta poco: prima un po’ del docufilm di Matteo Renzi, poi dei cani che girano senza museruola, per qualche giorno della cattura del terrorista Cesare Battisti, in attesa di un altro omicidio irrisolto in un paesino sperduto dell’Italia.
La bolla dell’immigrazione ha fatto scomparire tutte le altre tematiche importanti. I dibattiti ed i programmi politici di maggioranza e opposizione, ormai, sono un ostaggio esclusivo della tematica. I grandi problemi da risolvere, come le scuole che cadono a pezzi, i terremotati che ancora sono in mezzo alla strada, le università, i trasporti, il turismo e molte altre cose sono finiti in naftalina. Forse, e dico forse, oltre che i porti stiamo chiudendo anche la mente. Scelte di governo. A questo punto, però, la domanda sorge spontanea: perché si dice “torniamo umani” e non “diventiamo umani”? D’altronde non lo siamo mai stati.
L’Unione Giovani Ebrei d’Italia (UGEI) è un’organizzazione ebraica italiana. Essa rappresenta tutti gli ebrei italiani di età compresa tra i 18 e i 35 anni. L’organo ufficiale di stampa UGEI è HaTikwa: un giornale aperto al confronto di idee.