Referendum 2020: “La posta in gioco è l’Italia”
di Luca Clementi
Il dado è tratto. 70% contro 30%: una vittoria consistente, ma interessante, se si considera che la controparte politica era pressoché inesistente. I partiti “Azione” e “Più Europa”, i più grandi esponenti del NO. Un 30% frutto quindi del lavoro dei comitati, che hanno incessantemente lavorato per sensibilizzare i cittadini sui motivi della propria campagna referendaria, e dei ”franchi tiratori”, cioé di quegli elettori di Sinistra e Destra che non comprendono il motivo per cui si dovrebbe ricorrere ad un taglio alla democrazia rappresentativa per risolvere i problemi del paese.
Carta alla mano, il SI porterà la composizione del Parlamento a cambiare, a partire dalla prossima legislatura: il numero dei parlamentari alla Camera dei Deputati sarà ridotto da 630 a 400; al Senato invece da 315 a 200. Anche il numero dei parlamentari eletti all’estero verrà tagliato: saranno 8 e non più 12 i deputati e 4 e non più sei i senatori.
”Con l’esito referendario si apre una nuova stagione di riforme.” Così il Segretario del PD Nicola Zingaretti, dopo la conferma della vittoria del SÌ.
Si riferisce alla costituzione di una nuova legge elettorale, auspicata anche dall’esponente M5S e Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, forse accompagnata da una sostanziosa modifica dei regolamenti parlamentari.
Ora è necessaria un’unione tra le forze di maggioranza: le numerose candidature disgiunte per le elezioni regionali mostrano la fragilità di un’alleanza che necessita di stabilità per attuare le modifiche necessarie da abbinarsi ad una vera e propria rivoluzione parlamentare.
”C’è l’accordo di maggioranza per la legge elettorale, sarebbe inspiegabile se si cambiasse idea” minaccia il Ministro per il Sud Giuseppe Provenzano. La percezione è che i due partiti siano assolutamente propensi alla collaborazione, ma che nessuno dei due goda della fiducia dell’altro. La matassa si fa complicata da sbrogliare, se si contano i prevedibili osteggiamenti futuri da parte del centro-destra, che, nonostante qualche sconfitta su territori contesi o di difficile conquista fin dall’inizio della campagna elettorale delle regionali, si mostra forte e coeso.
Sembra che il banco di prova per il Governo Conte II si faccia sempre più complicato. Alla situazione già non rosea di post-pandemia (con i contagi tuttora in aumento), si aggiunge lo spettro dietro l’angolo di una crisi. E checché ne dicano i vincitori (cioé quasi tutti), la vittoria del SI ha mostrato una generale e diffusa sfiducia dei cittadini nei confronti della classe politica. Pochi tra gli italiani ”sondaggiati” hanno motivato il proprio ”SI” con un miglioramento dell’efficienza del parlamento, focalizzandosi di più sull’eccessiva rappresentatività: ”Sono troppi e non fanno niente. Rubano solo”.
Ora il Governo ha avuto la risposta che aspettava: è il momento di certezza e concretezza. La posta in gioco è l’Italia.
L’Unione Giovani Ebrei d’Italia (UGEI) è un’organizzazione ebraica italiana. Essa rappresenta tutti gli ebrei italiani di età compresa tra i 18 e i 35 anni. L’organo ufficiale di stampa UGEI è HaTikwa: un giornale aperto al confronto di idee.