Rabbi Kahaneman e i suoi bambini

Per la prima volta quest’anno ho trascorso la settimana di Pesach in Israele.
Dopo aver aiutato (più o meno) mia madre a cucinare per il seder, sono andata in terrazza a parlare con mia sorella Elisa che studia in Israele e torna raramente a Roma. Davanti alla splendida vista del mare di Tel Aviv, Elisa ha acceso il computer per ascoltare della musica. Dopo un paio di canzoni di Rino Gaetano e di qualche cantante a me sconosciuto, ha insistito perché ne ascoltassi una in particolare. ‘Shemà Israel-Memory of the Shoah’ di Yaakov Shwekey.
Inizialmente non riuscivo a capire. ‘Perchè dovremmo ascoltare una canzone dal titolo così malinconico e triste?’ Ero già pronta a protestare quando Elisa ha iniziato a raccontarmi la storia della canzone.
‘Rabbi Yosef Shlomo Kahaneman, rabbino di una delle più importanti comunità ebraiche della Lituania, fondatore di più yeshivot e di un orfanotrofio perse gran parte della propria famiglia, dei suoi studenti e della sua comunità durante la guerra. Emigrato in Israele fondò a Bnei Brak la Ponevez Yeshivà, uno centri di studio di Torah più importanti al mondo. Era anche vicino agli ideali sionisti tanto che ancora oggi continua la tradizione da lui iniziata di issare la bandiera dello stato di Israele fuori dalla sua Yeshivà il giorno di Yom Ha’Azmaut’
La canzone non era ancora finita e io continuavo a non capire perché mi stesse raccontando la storia di un rabbino della Lituania e cosa c’entrasse lo Shemà. Quasi senza permettermi di ascoltare le parole ha continuato a raccontarmi la storia.
‘Come sai, molti genitori di religione ebraica in tutta Europa, per salvare i propri figli dalla deportazione nei campi di concentramento nazisti, decisero di nasconderli in conventi o in istituti religiosi cattolici. La maggior parte di questi bambini, spesso molto piccoli, divennero purtroppo orfani.
Dopo la fine della guerra, i famigliari sopravvissuti andarono a riprenderli ma in molte di queste strutture si negò la presenza di bambini di religione ebraica.
Rabbi Kahaneman dopo la fine della guerra, secondo una leggenda intrisa di fondamenti di verità, cercò anche lui in giro per l’Europa questi bambini per ricongiungerli ai loro famigliari o per portarli in Israele. Nella canzone si racconta di come anche a lui fu spesso risposto che ‘quelli della tua religione non si trovano fra noi’ ma il rabbino senza perdersi d’animo cercò comunque un modo di individuare i bambini. Secondo la leggenda raccontata nella canzone, sarebbe entrato nelle stanze in cui i bambini dormivano e avrebbe cantato i primi versi dello Shemà. I bambini, ricordandosi dei genitori che prima di addormentarsi gli recitavano lo Shemà avrebbero portato la mano agli occhi o avrebbero iniziato a chiamare la mamma.’
La sera del Seder, per tradizione, leggiamo il Rituale della Rimembranza. Ogni anno penso ai miei bisnonni. Lui morto ad Aushwitz lei, mia nonna Tosca, la prima donna tornata a Roma dopo un tormentato viaggio dallo stesso campo di concentramento. Anche loro nascosero mio nonno e i suoi fratelli al Collegio Nazzareno.
Non sono riuscita a scoprire se la storia del Rabbino lituano che recitava lo Shemà ai bambini nei conventi fosse del tutto vera, ma mi piace crederlo. Purtroppo, molti bambini non rividero più le loro famiglie e in molti non furono più ritrovati.
*I bambini furono sempre al centro degli interessi di Rabbi Kahaneman. Quest’ultimo si prese infatti cura anche di alcuni dei ‘Bambini di Teheran’. Si trattava circa 3000 bambini polacchi che in seguito all’accordo fra gli Alleati e l’Unione Sovietica nella primavera del 1942, furono trasferiti in Iran insieme a migliaia di soldati polacchi e di rifugiati. I bambini furono portati in Israele grazie all’Agenzia Ebraica. Quando arrivarono, furono al centro di una famosa polemica circa l’educazione più ortodossa (yeshivot) o laica (kibbutzim) che lo Stato gli avrebbe dovuto garantire.
Sarah Tagliacozzo

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