Quegli ebrei che rappresentano solo sè stessi, ma a nome di tutti

ebrei

di David Di Segni

Accade che nel giorno in cui il mondo si stringe davanti ai funerali di Shiri, Ariel e Kfir Bibas – rapiti il 7 ottobre, poi uccisi e vilipesi barbaramente dai terroristi di Hamas – i quotidiani Repubblica e Il Manifesto pubblicano una pagina dal titolo “Ebrei ed ebree italiani dicono NO alla pulizia etnica. L’Italia non sia complice” con annesse firme di giornalisti, attivisti e persone comuni, anche non ebree.

Il loro messaggio si riferisce alle recenti parole del presidente USA Donald Trump che, in maniera semplicistica e provocatoria, ha espresso l’intenzione di voler rendere Gaza la “Riviera del Medio Oriente”, muovendo temporaneamente i palestinesi verso Giordania ed Egitto per permettere la ricostruzione della Striscia. Un’idea, quella dello spostamento, che, discutibile sotto diversi aspetti, è stata subito colta come occasione per rilanciare contro Israele la falsa accusa di Pulizia etnica. Tant’è che l’ambasciatore israeliano all’ONU aveva risposto:” Siamo tutti d’accordo che dovrebbe essere richiesto il consenso delle persone a lasciare il luogo in cui vivono e il consenso degli altri paesi a riceverle”.

La lettera ha comunque destato enorme scalpore, perché firmata a nome della collettività ebraica senza alcun mandato elettorale per poterlo fare. Un’ambiguità acuita da un titolo talmente generalista da non specificare che quelle persone rappresentino solo sé stesse. Finendo, così, per rappresentare tutti. Non è tuttavia l’affronto peggiore. L’offesa più grande sta nel fatto che quella raccolta di firme, mai organizzata tra l’altro per denunciare le macabre violenze di Hamas, crea automaticamente un distinguo fra ebrei “buoni” e “cattivi”, alludendo forse che quest’ultimi siano a favore di una Pulizia etnica che, ai fatti, non sussiste. Una doppia bugia.

Ciò che è certo, però, è che quella sfilza di nomi rappresenta la vittoria di chi, anche banalmente appellandosi come ebreo senza esserlo realmente, desidera creare divisione e scompiglio nel popolo ebraico per provocarne il collasso dall’interno. A quei firmatari, ricordiamo che il Tempio di Gerusalemme cadde per via delle divisioni del popolo. Questo non significa dover ridurre quella dialettica che, anzi, ha reso grande il nostro popolo, ma semplicemente non divenire il Cavallo di Troia per chi, domani, della vostra benevolenza di corte ne farà carta straccia per trovare un altro ebreo, più “buono e meritevole” di voi, che rinnegherà persino il proprio Patto per apparire grato agli occhi altrui. Di certo, chi firma lettere a titolo di “ebrei” si dovrebbe almeno preoccupare che in quella stessa lista tutti lo siano.


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