Quando un ebreo, una cattolica e un’avventista si incontrano in un monastero

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di David Morselli

Ci sono un ebreo, una cattolica e un’avventista del settimo giorno che si incontrano in un monastero… Sembrerebbe una barzelletta, come dice Giacomo Ghedini (assegnista post-dottorato in storia all’Institut Sciences Po di Parigi e presidente dell’Amicizia Ebraico-Cristiana giovani); invece è quello che è successo lunedì 6 dicembre 2021 durante la Tavola rotonda giovani dei Colloqui Ebraico-Cristiani di Camaldoli.

Da oltre 40 anni i Colloqui rappresentano il principale evento di dialogo ebraico-cristiano in Italia e vedono la partecipazione di biblisti, storici, teologi e altri esperti. Da alcuni anni, ad essi si affiancano dei giovani appartenenti alle diverse tradizioni religiose per portare il punto di vista delle nuove generazioni nel dialogo.

Il tema di quest’anno era “Gesù e Israele”, in riferimento al libro in cui lo storico francese Jules Isaac analizzò l’importanza delle radici ebraiche del cristianesimo. Quando l’opera fu iniziata nel 1943, Isaac si nascondeva nella campagna francese a seguito dell’arresto di moglie e figli, chiedendosi come fosse possibile che una tragedia del calibro della Shoah avvenisse nel cuore dell’Europa. Nelle parole dell’autore, il libro è “il grido di una coscienza indignata, di un cuore lacerato”; vi vengono esaminate con estrema lucidità le questioni fondamentali del rapporto tra ebraismo e cristianesimo. L’incontro di Jules Isaac con papa Giovanni XXIII del 1960 fu fondamentale nell’avviare il processo con il quale la chiesa cattolica riconobbe il popolo ebraico come membro di un’alleanza mai revocata piuttosto che degli infedeli da convertire.

La questione che Giacomo Ghedini in qualità di moderatore poneva ai partecipanti alla tavola rotonda era quindi in che modo oggi lo spirito di “Gesù e Israele” possa sopravvivere ed eventualmente essere superato, in un dialogo spinto da motivi più profondi della sola (pur fondamentale) opposizione alle discriminazioni razziali. Lucia Fontana (studentessa della Facoltà Teologica del Triveneto) ha fatto presente l’importanza della conoscenza dell’ebraismo negli studi teologici cristiani. Spesso tuttavia negli ambienti cattolici si parla “degli ebrei” e non “con gli ebrei”, per cui la visione che si ottiene è necessariamente parziale: vivere in prima persona lo Shabbat a Camaldoli, nei momenti di preghiera e nei pasti, è stato ben più illuminante di ore di studio. Per Giulio Piperno (consigliere UGEI e dottorando in neuroscienze sociali) non bisogna trascurare l’approfondimento di temi complessi e sfaccettati sulla scia di Jules Isaac: nel mondo attuale invece spesso si tende a generalizzare e interpretare la realtà con contrapposizioni nette. 

Come possiamo portare questi concetti ad una realizzazione concreta? Elisa Ghiuzan (studentessa della Facoltà avventista di teologia di Firenze) ha posto l’attenzione sull’importanza dell’uso di un linguaggio appropriato: tradizioni religiose diverse usano linguaggi diversi e un utilizzo improprio rischia di rendere impossibile la comunicazione o creare incomprensione che possono ferire. Lucia ricordava la sua prima esperienza ai Colloqui di Camaldoli di due anni fa, quando le sue compagne di stanza erano ragazze di circa vent’anni come lei, studentesse di teologia come lei, ma una valdese e l’altra avventista; la possibilità di convivere per alcuni giorni le ha permesso di capire quanto fossero vicine le proprie esperienze personali e allo stesso tempo acquisire un punto di vista leggermente differente. Infine, Giulio ha ricordato la distinzione che faceva rav lord Jonathan Sacks z.l. tra il dialogo “faccia a faccia” e quello “fianco a fianco”: il dialogo faccia a faccia consiste nel confronto teologico ed è un processo delicato che richiede conoscenze approfondite dei temi trattati; nel dialogo fianco a fianco invece si condividono esperienze concrete. Questo secondo tipo di dialogo è più immediato, in quanto, nelle parole del rav, “il nostro istinto umano di base precede le nostre differenze religiose”. Specialmente ora che non siamo più in epoche di persecuzione, in questo modo si può cercare un’amicizia che vada al di là della semplice tolleranza, creando legami umani duraturi.

Tra le iniziative di dialogo concrete nate negli scorsi anni proprio a Camaldoli è fondamentale ricordare la preparazione di 16 schede di approfondimento sull’ebraismo destinate all’editoria dei libri scolastici di religione in Italia, volte a correggere i più comuni malintesi sull’ebraismo. Il progetto è stato presentato nell’ambito dei colloqui di quest’anno alla presenza di Noemi Di Segni, presidente dell’UCEI, e mons. Stefano Russo, segretario generale della CEI. Infine, la stessa Amicizia Ebraico-Cristiana Giovani ha avuto origine proprio dai colloqui di Camaldoli; il vivo dibattito con il pubblico che ha seguito la tavola rotonda è stato un segno tangibile di apprezzamento dell’attività della neonata associazione e dell’importanza di proseguire nella direzione tracciata con la sua fondazione lo scorso luglio. Come direbbe Jules Isaac, attraverso la pratica dell’amicizia è finalmente tempo di “passare dal disprezzo alla stima”!

 


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