Quando il sangue strilla: “Maddalena”, il libro che spiega la Shoah dalla crisi dell’identità – Intervista all’autore Roberto Di Segni
Esistono drammi che la Shoah ha provocato non solo ai diretti testimoni delle atrocità naziste, ma anche a “tutti gli altri”: figli, nipoti, parenti ed amici delle vittime o dei sopravvissuti. Traumi fatti di segreti mai svelati e di gravosi silenzi irrisolti. Maddalena, il primo racconto di Roberto Di Segni, affronta proprio questo tema: la Shoah vista dagli occhi degli “altri”. HaTikwa ha intervistato l’autore.
«Maddalena è realmente esistita, era una donna minuta e dalle origini contadine, che lavorava come portiera nello stabile dove abitavo al Portico d’Ottavia, a Roma. Il libro è verosimile: le vicende romanzate dei personaggi si muovono tra luoghi e fatti storici fedeli alla realtà, che sono stati riportati con rispettosa precisione».
L’esperienza di una vita difficile ed un trauma troppo grande per essere superato. La protagonista ha solo tredici anni quando scopre d’essere ebrea, figlia di vittime della Shoah, e adottata da una famiglia cattolica. Cresciuta con un’educazione laica e senza mai un accenno sulla sua identità, la verità la relega in un limbo identitario perenne. «La protagonista soffre un’identità che non riesce a definire o accettare. Non si sente né ebrea né cristiana, fino al giorno in cui, dalla guardiola dove lavora, scorge un ragazzo con in capo la Kippah dirigersi in Sinagoga per lo Shabbat. Il sangue strilla”.
L’amicizia che si instaura fra i due è la chiave di volta della protagonista, che, di fronte ad uno dei loro consueti incontri per il caffè pomeridiano, rivela i suoi drammi più tenebrosi. Come quando ci si siede dallo psicologo, così il lettore si siede di fronte a Maddalena, che diventa un fiume in piena di parole. Dalla sua bocca esce il dolore, il rimpianto, l’angoscia. Un libro terapeutico che ci insegna la dimenticata arte dell’ascolto, soprattutto quello dei traumi altrui.
«La crisi di identità della protagonista nasce da un mio dubbio perenne: chi può definirsi più ebreo di un altro? Esistono laici, osservanti, religiosi, ma il nostro DNA è, e rimane, quello di un ebreo. Nessuno può metterlo in discussione. Esiste il meno fortunato, il meno abbiente, chi si allontana o avvicina alla fede dopo una tragedia. Qualunque sia il nostro rapporto con Dio, solo Lui può giudicarci, e solo noi sappiamo quanto è forte il nostro senso d’appartenenza». Ce la farà la protagonista a trovare sé stessa? Sessanta pagine per scoprirlo.
Questo libro corona un percorso che l’autore ha iniziato nel 2018 insieme a Rosangela Albano (insegnante di sostegno all’istituto “Elsa Morante” di Roma) e Grazia Di Veroli (ex vicepresidente ANED), per spiegare la Shoah nelle scuole. «Il progetto, che ha coinvolto gli alunni del plesso Elsa Morante, si chiama “Il valore di sé negli altri, viaggio fra la cultura ebraica e cattolica”. Ne sono usciti quadri, dipinti, visite guidate sia al quartiere ebraico che al Tempio Maggiore. In quanto ebreo, credo sia doveroso tramandare la Memoria di chi ci ha preceduto, di chi non ce l’ha fatta: siamo occhi e orecchie sulle porte del mondo».