Quando è nato l’antisemitismo?

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Se volessimo rintracciare le origini dell’antisemitismo, bisognerebbe prima dargli una definizione: il termine “antisemitismo” è stato coniato da Wilhem Marr nel 1879, troppo vicino nel tempo per riuscire a capire a pieno dove nasce un sentimento che, sotto molteplici forme, tutt’oggi è molto presente nella nostra società. Provando a risalire alle origini dell’odio antiebraico, ci si perde invece nelle pieghe del tessuto storico e occorre quindi fare delle distinzioni.

Esistono molti tipi di antigiudaismo, che affondano le proprie radici in luoghi e contesti differenti e per forza di cose sarà impossibile citarli tutti. Possiamo fare una distinzione netta tra l’antisemitismo moderno, su base razziale e pseudo scientifica o politica, e quello più antico, che trova le sue radici nella religione: dal paganesimo, al cristianesimo, all’islam.

Le prime fonti di testi antisemiti ci riportano nell’Antica Roma: Tacito infatti nelle Historiae parte da una descrizione approssimativa del popolo ebraico, per narrare le vicende della guerra giudaica. Approssimativa, ma anche segno della netta ostilità della classe politica romana, che vedeva negli ebrei un popolo difficilmente assimilabile:

Presso di loro son profane tutte le cose per noi sacre e, per contro, considerano lecite tutte quelle illecite per noi” (Hist., V, IV).

Così si esprime Tacito, riguardo alle usanze ebraiche del tempo, criticandole fortemente.

E’ con il Cristianesimo che viene coniato il termine “antigiudaismo”, il quale si manifesta con forti critiche al mondo ebraico sin dalla sua origine, rintracciando le proprie fonti nel Nuovo Testamento, che lo individua come il popolo deicida.

Sarà però sant’Agostino a dettare la posizione della chiesa sul mondo ebraico:

Gli ebrei sono stati dispersi fra tutte le nazioni a testimonianza della loro malvagità e della verità della nostra fede […] Di loro è stato detto: ‘non ucciderli’, cosicché la stirpe ebraica resti in vita e dalla sua persistenza tragga incremento la moltitudine cristiana” e così si muoverà la politica della chiesa negli anni seguenti.

Negli anni l’odio antiebraico venne diffuso attraverso le parole degli ecclesiastici durante le messe, il che alimentò le tesi antisemite della popolazione che si diversificarono, anche su base economica e sociale oltre che su quella morale, sfociando spesso in attacchi verso la popolazione, come durante il carnevale a Roma dalla fine del 1400.

Si spiegano così le successive persecuzioni inflitte dalla chiesa cattolica nel corso dei secoli, partite ufficialmente dal Concilio Lateranense IV del 1213 e arrivate alla reclusione nei ghetti (1516),all’esclusione degli ebrei da molte zone controllate dallo Stato Pontificio (come Bologna, i cui cittadini ebrei dovettero trasferirsi),l’esclusione da tutte le professioni e le università, nonché i tentativi di conversione forzata e l’obbligo di portare un segno distintivo sui vestiti.

Vanno incluse inoltre le persecuzioni perpetuate in Spagna contro i “marranos”, sfociate anche in pogrom da parte della popolazione, fomentata da predicatori religiosi e poi nella cacciata degli ebrei dai territori spagnoli del 1492.

In sintesi la chiesa cattolica alimentò le falsità riguardo agli ebrei, visti oltre che come il popolo deicida, come una società a parte, come un popolo difficilmente assimilabile alla fede cattolica.

Anche il protestantesimo cambiò la sua visione degli ebrei: all’inizio cercò di convertirli, senza successo, successivamente incoraggiò le persecuzioni.
Nel 1543  Martin Lutero, nel trattato “Degli ebrei e delle loro menzogne” definisce gli ebrei “la base della prostituzione popolare” e consiglia ai protestanti di intraprendere sette azioni contro di loro, tra cui incendiare scuole e sinagoghe, confiscare i loro beni e negare ai rabbini la possibilità di officiare.

L’odio antiebraico sfociò negli anni successivi, nelle varie teorie del complotto, come nell’affare Dreyfus: l’ufficiale ebreo dell’esercito francese accusato di tradimento. Nel Protocollo dei savi di Sion, famoso falso storico diffuso dalla polizia zarista e utilizzato come mezzo di propaganda dal regime Nazista. Dal giornale di Henry Ford negli Stati Uniti e oggi da Hamas.

 

Arriviamo cosi alla definizione di antisemitismo del 1879: in una Germania permeata di odio antiebraico, in cui stava nascendo l’idea di “Volk”, di popolo per i tedeschi, Marr, influenzato dalla visione collettiva dei nazionalisti pangermanici, che vedevano il popolo tedesco contrapposto a quello ebraico, rifiutò l’idea secondo cui gli ebrei potessero diventare tedeschi, liberandosi delle le loro tradizioni.
Nel 1879 fondò la Lega Antisemita, che sosteneva la rimozione forzata degli ebrei dalla Germania, e introdusse i primi ideali di antisemitismo su base razziale, influenzato da Darwin e Haeckel (l’inventore del “darwinismo sociale”).

Il Nazismo in seguito riprese le idee della Lega Antisemita e ipotizzò la propria teoria scientifica per spiegare l’antisemitismo, sfruttando  teorie già insite nella popolazione, che vedevano negli ebrei un capro espiatorio per tutti i mali del paese.

Così vennero gettate le basi per il  folle piano di Hitler.

Nell’Europa Orientale invece, in cui gli ebrei sono presenti almeno dal II secondo a.C., l’antigiudaismo ha assunto forme ben peggiori, sfociando nelle politiche persecutorie degli zar, in pogrom violentissimi, nei quali centinaia di migliaia di cittadini ebrei vennero uccisi dall’odio della popolazione.

L’antigiudaismo esiste da molto prima della definizione di Marr, su basi razziali, ed è molto simile a quello religioso per i temi trattati, ma assume spesso forme politiche: gli ebrei sono visti come i controllori della finanza e i detentori del potere, che si “nascondono” nella società.

Le persecuzioni delle popolazioni dell’est dell’Europa ai danni degli ebrei, cominciarono nell’Ottocento e furono migliaia.

Tragico è il periodo della Rivoluzione civile russa, nella quale morirono tra le 50.000 e le 200.000 e molte di più rimasero ferite,mutilate o orfane.

 

Proprio in Russia, nell’epoca zarista, fu redatto il documento “Protocolli dei Savi di Sion”ad opera di Sergej Nilus, diffuso dal 1903: falso storico attribuito ad un gruppo di Anziani facenti parte della cospirazione ebraica mondiale, in cui vengono illustrati i sistemi per dominare il mondo.

Sebbene sin dal 1921 fu appurata la falsità del documento dal Times di Londra, il testo fu utilizzato dagli antisemiti di tutto il mondo,  durante la Rivoluzione Russa poi dal regime nazista, fino ai nostri giorni in cui è utilizzata dagli estremisti islamici come mezzo di propaganda antiebraica.

L’antisemitismo di origine islamica invece ha origini meno certe: molti storici concordano che sia stato “importato” dagli europei, nella stessa visione complottista che contraddistingue l’antisemitismo occidentale e che vede gli ebrei come cospiratori artefici di trame per conquistare il mondo, o dominarlo finanziariamente.

Altri invece rintracciano le prime forme di antisemitismo su base religiosa alle origini dell’Islam, quando nel 623 d.C Maometto fece schiavizzare,espellere o uccidere le tribù ebraiche di Medina (evento ripreso da numerosi cori antisemiti inneggiando alla morte degli ebrei anche oggi giorno).

La  diffusione dell’antisemitismo moderno nel mondo islamico nasce nel 1937, durante il primo congresso pan-arabo, descritto da un referente del console britannico come “una manifestazione di giudeofobia”, facendo riferimento anche ad un opuscolo chiamato “l’islam e gli ebrei”, descritto come “un opuscolo violentemente antiebraico stampato al Cairo per il Comitato per la difesa della Palestina, che è stato dato a ciascuna delle persone presenti al congresso”.

Utilizzato più avanti anche dai nazisti come mezzo di propaganda antiebraica nel mondo islamico, alimentando la sua diffusione. Questo testo è successivo al tentativo degli Anni ’20 delle autorità britanniche di istituire due stati attraverso un accordo tra ebrei e palestinesi, creando il sentimento nazionale palestinese in contrapposizione alla nascita di uno stato ebraico, culminato nel  seguente enunciato:

Non si può tollerare il piano di partizione, perché la Palestina è un paese arabo da secoli e dovrebbe rimanere arabo per sempre”.

 

Nel 1939 nacque un altro mezzo molto famoso utilizzato dal regime nazista: Radio Zeesen, una piccola radio creata durante gli anni di Weimar, convertita a mezzo di propaganda antisemita. Trasmetteva tutti i giorni, in lingua araba, recitando versi del corano violentemente antiebraici, alternandoli a canzoni commerciali arabe, per attirare pubblico di fede islamica. Hitler veniva dipinto come un moderno Maometto che avrebbe aiutato il popolo arabo a liberarsi del problema ebraico.

Questo mezzo di propaganda apri la strada alla nascita della Legione Araba Libera, creata da Amin al-Hussein nel 1941, dietro suggerimento di Adolf Hitler come enclave antibritannica in medio oriente, in netta contrapposizione alle politiche di emigrazione volute dall’impero inglese.

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, dopo una crescente immigrazione ebraica e la conseguente nascita dello stato d’Israele, il problema ebraico in Medio Oriente assunse una nuova forma e l’antisemitismo mondiale trovò la legna per continuare ad ardere: Prima con delle vere e proprie guerre, poi sfruttando l’appoggio dell’opinione pubblica internazionale, attraverso gli stessi stereotipi antisemiti, che pensavamo di aver superato, ma con una risonanza senza precedenti, dovuta all’esplosione dei mass media prima e dei social poi.

Successivamente alla nascita dello stato d’Israele e alle guerre con i paesi arabi, più di 800 000 ebrei furono costretti a scappare dalle loro case per via delle persecuzioni; molti morirono, molti trovarono rifugio proprio in Israele.

Vennero espropriate dei loro possedimenti e la loro storia familiare, legata a quei territori scomparve per sempre.

 

Oggi l’antisemitismo islamico è presente nelle sue frange più estremiste, legate ai Fratelli Musulmani, come Hamas, che utilizzano la causa palestinese, strumentalizzandola attraverso l’alimentazione dell’odio per il diverso, non solo per gli ebrei.

Sono famosi i report delle organizzazioni umanitarie internazionali nelle scuole di Gaza controllate da Hamas, in cui si insegna una storia falsata, in cui Israele non appare sulle mappe geografiche e in cui la Shoah non viene insegnata.

In pochi probabilmente sapranno che l’attuale presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mahmud Abbas si è laureato con una tesi sul negazionismo, le cui affermazioni sono state ritrattate solo di recente.

Non dobbiamo stupirci quindi se la definizione IHRA di antisemitismo incorpora alcuni esempi sullo stato d’Israele: troppo spesso l’antisemitismo si è nascosto dietro all’antisionismo.

Dopo la ripresa del conflitto, ci sono state molte manifestazioni di solidarietà alla causa palestinese, ma ad altrettanti atti di antisemitismo che non possono essere dimenticati, frasi e cori inneggianti all’intifada, al ritorno dell’armata di Maometto che ucciderà tutti gli ebrei.

Violenze e pestaggi ai danni di cittadini innocenti con l’unica colpa di essere ebrei nella diaspora. Troppi avvenimenti ricordano un passato fatto di persecuzioni in tutti i paesi nei quali il popolo ebraico è stato presente, anche in Israele, il quale di recente è stato scosso da una rivolta di cittadini arabi che hanno persino incendiato la sinagoga della città di Lod e causato disordini in tutto il paese.

Tracciare questi punti aiuta a capire quanto alla base dell’odio antiebraico non ci sono avvenimenti politici legati ad Israele, o sociali legati ad avvenimenti in qualche comunità della diaspora. C’è solo ignoranza e discriminazione che si tramanda da tempo in tutto il mondo e come ogni altro tipo di discriminazione va combattuto.

 


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