Piazze spaccate e astio nelle università, il nuovo 25 aprile. Intervista a Davide Romano
di David Fiorentini
Nonostante il contributo della Brigata Ebraica nella guerra di liberazione dell’Italia dall’occupazione nazifascista, le piazze di oggi ne negano la storia e contrastano le commemorazioni in loro onore. A Roma, in occasione del 25 aprile, il clima ostile ha spinto la Comunità ebraica a sfilare separatamente dagli altri cortei. A Milano e in altre parti del Paese, invece, si sono verificati atti di vera e propria violenza contro i sostenitori della Brigata ebraica.Per approfondire la questione, HaTikwa ha intervistato Davide Romano, giornalista e Direttore del Museo della Brigata Ebraica di Milano.
Da anni, ormai, gruppi estremisti scendono in piazza con bandiere palestinesi per contestare la Brigata ebraica, rilanciando al contempo accuse contro la NATO, gli USA e altri ancora. Anche l’ANPI sembra stia assumendo questa linea. Come si spiega questa presa di posizione?
Purtroppo tante associazioni sono state dirottate dalla politica. Basti pensare ad Amnesty International, che nei decenni ha si è distinta per autorevolezza e attenzione nella lotta ai diritti umani, ma anche e per la storica campagna sulle libertà dei dissidenti sovietici, tra cui tanti ebrei. Oggi è cambiata. È sempre più un megafono della propaganda anti-democrazie: attentissimi a criticare USA e Israele, ma distratti quando c’è da parlare di regimi dittatoriali. Purtroppo dall’ANPI a Amnesty International i militanti dell’estrema sinistra hanno conquistato la maggioranza di tante associazioni, e ora le piegano ai propri interessi.
Recentemente, il presidente ANPI Milano Roberto Cenati ha rassegnato le dimissioni dall’incarico. Così anche Daniele Nahum dal Partito Democratico, poi entrato in Azione. Cosa succede in quelle che erano roccaforti della lotta a diritti e discriminazioni?
Purtroppo dagli USA è arrivato un vento pericoloso, quello dell’intolleranza dell’estrema sinistra. Da anni, in diverse università statunitensi neppure i docenti possono più parlare liberamente, altrimenti rischiano di essere cacciati. Esemplare l’audizione delle tre rettrici di importanti atenei USA, mostra come l’intolleranza di sinistra possa provocare reazioni fanatiche se si toccano certe minoranze (neri, LGBT+), e l’indifferenza totale se invece si toccano minoranze religiose come quella ebraica: in quel caso non c’è alcun interesse ed empatia. È il collasso di un’intera classe dirigente universitaria che si è imbevuta di terzomondismo marxista a tal punto da arrivare a odiare la cultura occidentale. Intendiamoci: il mondo delle democrazie occidentali è tutt’altro che perfetto, ma è folle arrivare a criminalizzarlo e al contempo non dire nulla sulle mostruosità che avvengono in buona parte del mondo islamico o in Cina.
Un aspetto cruciale di questo clima teso è quello del lessico. Sfruttando terminologie legate alla Shoah e alla Seconda Guerra Mondiale, tra tutte il vocabolo “genocidio”, si cerca di giustificare le più estreme posizioni politiche dei terroristi di Hamas. Considerando gli sforzi educativi e le giornate, come il 27 gennaio, istituite per l’approfondimento e la riflessione, c’è bisogno di ripensare la didattica legata a questi temi?
Assolutamente si. Il Giorno della Memoria va radicalmente ripensato. Inutile parlare del nazismo degli anni ’30 e ’40 e fermarsi lì, come se le idee di Hitler fossero morte e oggi vivessimo in un mondo dove tutti si amano. È indispensabile invece raccontare dove è finito oggi quell’antisemitismo, mostrando per esempio come la propaganda nazista abbia fatto breccia in parte della stampa araba, dove oggi appaiono le stesse vignette che demonizzavano gli ebrei negli anni Trenta. Senza faziosità, è necessario mostrare una realtà ancora forte: la volontà di eliminare gli ebrei. Un principio che parte dallo Statuto di Hamas e che arriva a Teheran, dove si nega la Shoah e c’è un conto alla rovescia in una piazza che indica gli anni che mancano alla distruzione dello Stato di Israele. Il 27 gennaio deve diventare il Giorno della Memoria e della lotta contro l’Antisemitismo. E invito l’UGEI a farne una propria battaglia, perché sarà essenziale per costruire un mondo migliore per il futuro degli ebrei. Servono occhi giovani per ribaltare un Giorno della Memoria ormai legato a una visione novecentesca, dove il pericolo veniva solo dal nazifascismo. Oggi vediamo bene che l’antisemitismo, come sempre, viene sia dall’estrema destra e sia dall’estrema sinistra, così come dal fanatismo religioso. Se non si spiegano queste cose il 27 gennaio, quando mai si potranno spiegare?
Studente di Medicina presso Humanitas University di Milano, è stato Presidente UGEI nel biennio 2022-2023.
Nato e cresciuto a Siena, attualmente ricopre il ruolo di Policy Officer ed è redattore di HaTikwa.