Peace building e hate speeches: la lotta al fondamentalismo.

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HaTikwa (Y. Tesciuba) – Si è concluso ieri all’Istituto San Gallicano il Festival MondoReligioni, ideato dalla viceministra degli Esteri e della cooperazione internazionale Emanuela Claudia Del Re, patrocinato dalla Regione Lazio e presentato dall’Associazione italiana di sociologia (Ais). La manifestazione ha previsto dibattiti, presentazioni di libri, musica, documentari e incontri con i rappresentanti delle comunità religiose.

Nel corso nella tavola rotonda “Peace building e hate speeches” che si è tenuta ieri, organizzata dalla Chair “King Hamad for inter-faith-dialogue and peaceful co-existence” dell’Università degli studi di Roma La Sapienza, ha preso parte anche il consigliere ai rapporti politici ed internazionali Yoseph Tesciuba, insieme ad altri giovani leader delle comunità religiose presenti nel territorio di Roma. Di seguito, una parte del suo intervento sul tema del fondamentalismo religioso:

«Innanzitutto occorrerebbe capire che cos’è il fondamentalismo, ricordando che non è un fenomeno moderno; nasce tra la fine dell’800 e l’inizio dell’900 come corrente teologica di opposizione alla modernità e di ritorno alla purezza originaria. Lo dice la parola stessa, è l’atteggiamento di chi è pronto a lottare per i fondamenti della sua religione. E’ un atteggiamento di rigore religioso, di richiamo al senso originario di una dottrina. Fin qui però sembra quasi una causa nobile. Non lo è, ovviamente, quando sfocia nell’estremismo, nella violenza o, ancor peggio, nel terrorismo.

E a proposito del terrorismo, mi è capitato di leggere un articolo del 1975 in cui lo storico David Fromkin scrive: “Il terrorismo è violenza finalizzata a generare paura, ma lo scopo di tale violenza è che la paura, a sua volta, induca qualcuno, non il terrorista, ad attivare programmi d’azione che soddisfino qualunque cosa il terrorista realmente desideri ottenere”. Il terrorista fa di tutto per innescare lo scontro tra civiltà profetizzato da Huntington, per gettare tutti nel vortice di violenza, per coinvolgere ogni fede in una visione della realtà ridotta ad una presunta lotta tra bene e male. Quando è stato scritto l’articolo che ho citato il terrorismo era un fenomeno molto diverso da quello odierno, eppure Fromkin aveva intuito una cosa verissima: il terrorismo punta alla distruzione per poter ricostruire.

In altre parole, il terrorismo è la soluzione estrema del fondamentalista per opporsi ai processi di secolarizzazione e modernizzazione: distruggere, scuotere il mondo e creare una situazione comune di regressione ai fondamenti, di una religione o di una certa ideologia.

Per cui, per evitare che il fondamentalismo sfoci in violenza, le autorità religiose dovrebbero guidare i fedeli nella modernità, giorno dopo giorno; dovrebbero adeguare i fondamenti ai tempi moderni; fornire risposte, seppur approssimative ed incerte; stimolare il dialogo. Creare il confronto, in modo pacifico, perché se non lo si fa con le armi della non-violenza, il fondamentalista lo cercherà sempre in modo brusco e deleterio».


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