9 Marzo 20143min

Parigi: quando l’ebraismo diventa una possibilità, e lo fa in modo “cool”

Rue de Rosiers
Rue de Rosiers
Street art a Rue de Rosiers, nel quartiere del Marais

Due settimane fa passeggiavo per le strade di Parigi, città che amo e dove ho trascorso un anno meraviglioso da studentessa erasmus, per poter approfondire un percorso di studi ebraici. Lì infatti esistono davvero: si può scegliere tra una media di venti corsi diversi, dallo yiddish alla psicoanalisi applicata alla Torah. Oltre ad essere una possibilità reale gli studi ebraici sono un terreno d’incontro con l’altro per eccellenza: l’arabo, l’islamico. Ricercatori e professori di ebraistica lavorano fianco a

fianco con raffinati arabisti, collaborano, scoprendosi sempre più vicini.

Tra le mura delle università parigine la lingua ebraica rinasce, perché la si usa per fare lezione di filosofia, e non solo per pregare. Sì, perché lì che tu sappia l’ebraico non è una peculiarità esotica legata al tuo essere ebreo, è il requisito di base perché tu possa seguire alcuni corsi universitari. Dalle aule della scuola ebraica di Milano, dove ho scoperto la passione per l’ebraismo, sono
approdata prima a Bologna, dove questa si è sedimentata e ha preso una forma, e poi a Parigi, dove c’è stata la grande scoperta: il falafel migliore del mondo ha la r moscia. Lì la sera si sceglie se andare a fare l’aperitivo nel quartiere latino o nel Marais, in locali kasher che però non hanno l’aria dimessa e la barba lunga, ma sono popolati da camerieri hipster e da ragazzi “qualunquemente” affamati.

I baracchini di falafel sono ad ogni angolo, e a fare la fila per potersi sbrodolare un cartoccio di melanzane fritte addosso ci sono ultra-ortodossi col cappello nero e ragazze in leggings e mocassini appena uscite da uno degli innumerevoli negozi di usato, che però lì chissà come diventano veramente vintage.

Questo è l’ebraismo che sogno io, quello che m’invita in una deliziosa bakery a comprare dolcetti kasher da portare a una cena da amici non kasher nel weekend.

Rachele Jesurum

Foto di Gabriele Fiorentino


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