Parashat Naasò: la mitzvà della Birkat Koanim

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di Ruben Caivano

 

Questo shabbat leggeremo la parashà di Nasò, parashà più lunga della Torà poiché tratta di molte mitzvot, ma soprattutto le ripete: per delle offerte farinacee con dei vassoi d’argento i quali pesavano centotrenta shekalim (unità di misura di allora) la Torà ripete esattamente questa azione dodici volte. Ogni uomo che portava il sacrificio rappresentava una delle dodici tribù. Da qui moltissimi maestri insegnano che ogniqualvolta ci sono persone che fanno una mitzvà è bene dare importanza ad ogni singolo individuo, perché la Torà avrebbe potuto spiegare il processo del sacrificio con una sola volta.

Un’altra importante mitzvà che si ricava dalla Parasta haShavua è la Birkat HaKoanim, la benedizione sacerdotale (6,24) “Possa l’Eterno benedirti e proteggerti. Faccia l’Eterno risplendere verso di te il Suo volto e usi grazia nei tuoi confronti. Possa l’Eterno volgere il proprio volto verso di te e concederti la pace”.

La Birkat hakoanim si usa darla appoggiando la mano sulla testa; Perché proprio la mano? Molti Maestri spiegano che tutte le parole della benedizione sono contenute nelle falangi delle dita delle mani e solo l’ultima parola ne rimane fuori, ovvero la parola “shalom”.

La parola Shalom viene associata però al palmo della mano poiché quando si da la benedizione si trasmette pace al suo prossimo. All’inizio della parashà è scritto “Alza la testa dei figli di Gershon”. Molti commentatori credono che il verbo alzare stia ad indicare un censimento da svolgere, ma secondo altri il verbo Naasò sta a comandare l’unità di Am Israel per fronteggiare i popoli nemici circostanti.

In questi ultimi giorni i commenti dei media e dei social hanno criticato ed attaccato pesantemente Israele causando per tutti noi un malessere, ma nonostante tutto è importante mantenere sempre la nostra unità che sempre ci ha contraddistinto e tenere costantemente la testa alta come i figli di di Ghershon.


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