3 Luglio 20203min

Parashat Hukkat e il potere della parola

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di Redazione

 

Nella Parashà di questa settimana, Parashat Hukkat, leggiamo la richiesta del popolo ebraico a Mosé di bere dell’acqua in mezzo al deserto. Le lamentele erano tante e Mosé si è rivolto a Dio per scoprire come risolverle. Le indicazioni che Dio diede a Mosé erano ben precise: rivolgiti a quella roccia e chiedile di far scorrere dell’acqua attraverso di essa. Come finì l’episodio è noto ormai a tutti. Mosé colpì la roccia con un bastone e Dio lo punì proibendoli di entrare in Terra d’Israele.

Numero Maestri hanno provato a interpretare questo passo della Torah, così complesso e controverso. In molti si sono domandati se la punizione è stata proporzionale rispetto alla trasgressione. Se Mosé meritasse davvero di non entrare in Israele. E poi ancora, ci domandiamo cosa possiamo imparare da questo episodio, cosa esso voglia rappresentare nelle nostre vite.

Secondo una certa corrente di pensiero, ciò che ci insegna la Parashà non si limita all’acqua, alla roccia e al bastone. Tutto ciò in realtà funge da metafora per capire un concetto molto più profondo e attuale. L’acqua nell’ebraismo rappresenta la Torah e la vita. La roccia invece può rappresentare un ostacolo, uno stato d’animo negativo, una qualsiasi difficoltà che possiamo incontrare lungo il nostro cammino.

Ecco che la Parashà ci spiega come affrontare l’ostacolo, come superare le difficoltà trasformandole in “acqua”, ovvero in vita. Insomma, come trasformare il male in bene, un qualcosa di negativo in un qualcosa di positivo. Secondo i Maestri si può metaforicamente colpire l’ostacolo, si può combattere il male con altrettanta violenza, oppure si può usare la parola. Possiamo usare la forza, oppure possiamo attingere a delle forze interiori.

La Torah ci insegna che la parola è sempre più forte del bastone, che il dialogo è sempre più effettivo di qualsiasi combattimento. Un principio fondamentale per tutti noi, ma specie per chi si occupa di educare le nuove generazioni, ovvero i genitori e gli insegnanti. Questo episodio di Mosé insegna che il metodi migliore per insegnare, per trasmettere, per educare è sempre quello verbale e mai quello fisico. Parliamo al prossimo, non siamo prepotenti nei suoi confronti. Facciamo uso della nostra empatia piuttosto che della nostra forza. Usiamo la bocca, non il braccio.

In poche parole, se mai doveste incontrare una roccia lungo il vostro cammino, ricordatevi che per far uscire da essa dell’acqua basterà parlarle. Non c’è bisogno di colpirla.


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