Ogni cosa è illuminata
di Rebecca Locci
“A Lutsk ti ho comperato dei libri, le disse Yankel chiudendo la porta a prima sera, chiudendo fuori il resto del mondo. Non possiamo permetterceli, ribatté lei afferrando la borsa pesante. Domani dovrò restituirli. Non possiamo permetterci neanche di non averli. Qual è la cosa che possiamo permetterci di meno: averli o non averli? A mio parere, perdiamo in ogni caso. Meglio perdere con i libri.”
Ogni cosa è illuminata è il primo romanzo, uscito nel 2002, dell’autore statunitense Jonathan Safran Foer. Un romanzo avvincente ed esilarante al tempo stesso, caratterizzato da una struttura e una scrittura piuttosto particolari ma tipiche dell’autore.
Jonathan Safran Foer (ebbene sì, esattamente come lo scrittore) è un giovane studente ebreo statunitense che parte per l’Ucraina. In mano ha solo una vecchia fotografia, sta cercando una certa Augustine. Non sa chi sia; ma questa donna può aver aiutato suo nonno a salvarsi dai nazisti, o a non salvarsi, chissà, durante la guerra.
Jonathan, una volta arrivato in Ucraina, viene accolto da un suo coetaneo ucraino, Alexander Perchov, detto Alex. Alex, infatti, lavora per l’agenzia di viaggi di famiglia “Viaggi Tradizione” e accompagnerà per tutto il tempo Jonathan nella sua ricerca.
È così che i due ragazzi, insieme al nonno di Alex, un uomo anziano che nonostante la sua cecità psicosomatica fa il conducente, e alla sua cagnetta pazza e maleodorante Sammy Davis Jr Jr, partono dal primissimo indizio che hanno: Trachimbrod. Proprio lo shtetl in cui visse il nonno di Jonathan e che è stato completamente distrutto dai tedeschi, fino a sparire delle cartine geografiche e dalle mappe.
Il viaggio, a tratti davvero surreale per le sue dinamiche, è narrato da Alex in persona, con il suo singolare modo di esprimersi un po’ stravagante ma sicuramente simpatico.
Dopo varie peripezie, e qualche buco nell’acqua, Alex e Jonathan incontrano l’unica sopravvissuta al pogrom: Lista. Si scoprirà essere la sorella di Augustine, e narrerà al gruppo di come tutta Trachimbrod sia stata spazzata via dai nazisti. Da Lista si dipanerà il dolore di una storia così vera e straziante, il dolore di tutti gli ebrei ucraini perseguitati e abbandonati dai gentili del posto, di cui non rimane più nulla, salvo qualche oggetto personale, che probabilmente non interessa a nessuno.
L’incontro in un posto che non esiste più, con l’unica sopravvissuta a un orrore del genere, colpisce ognuno dei personaggi in maniera differente. In particolare il nonno di Alex si sentirà profondamente scosso e arriverà a fantasticare di trovare Augustine. Attivando un po’ come un sistema di auto-protezione, per alleggerire il peso del segreto che porta da almeno cinquant’anni: aver denunciato il suo migliore amico ebreo ai nazisti.
Ad arricchire una trama già ricca di suo, l’intero romanzo si alterna alle vicende dell’antenata di Jonathan, Brod. Assurdamente nasce quando il carro dei suoi genitori cade nel fiume, verrà quindi ripescata dalle acque per finire poi adottata da uno degli abitanti dello shtetl. Sarà una delle ragazze più belle ed intelligenti, sicuramente notata da tutti. Alla morte del suo padre adottivo sposerà un uomo, che però a seguito di un incidente perderà la ragione e diventerà iracondo e violento.
Si crea così un romanzo dalla forza e complessità straordinarie. L’unione di voci e pensieri diversi, distanti nel tempo, si uniscono come in uno stesso canto lasciando ammaliato il lettore, a volte costretto ad andare avanti e indietro tra le pagine cercando di ricostruire le vicende e riassemblando i pezzi, tentando di percorrere insieme ai personaggi il filo di una storia famigliare.
L’autore, muovendosi tra luoghi e persone che non esistono più, soffermandosi su verità difficili da accettare e la costante necessità di riscoprire il passato per dare un senso al vivere, ci dona un romanzo capace letteralmente di illuminare, grazie a una storia così vera, seppur dolorosa, ma di una bellezza profonda.
Perché è una lettura consigliata? Perché lo stile di Jonathan Safran Foer sa sempre fare colpo, in un modo o nell’altro. Perché dopo il primo shock dato dal modo di esprimersi del protagonista, inevitabilmente ci si affeziona forse proprio grazie alle difficoltà iniziali. Perché è una delle tante storie che potrebbero essere potenzialmente basate su una “storia vera”. Perché non è noioso, la costruzione a matrioska ti permette di non stancarti e anzi, ti tiene piuttosto incollato al libro affetto dalla sindrome “solo un altro capitolo!”. Perché il contrasto tra tragedia e ironia è così forte ma così essenziale, e forse proprio come dice Alex “il buffo è l’unico modo veritiero di raccontare una storia triste”.
L’Unione Giovani Ebrei d’Italia (UGEI) è un’organizzazione ebraica italiana. Essa rappresenta tutti gli ebrei italiani di età compresa tra i 18 e i 35 anni. L’organo ufficiale di stampa UGEI è HaTikwa: un giornale aperto al confronto di idee.