26 Settembre 20197min

Nazismo & comunismo: due orrori allo specchio

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HaTikwa (N. Greppi) – Ha fatto molto discutere, negli ultimi giorni, una risoluzione approvata dall’Unione Europea il 19 settembre che mette sullo stesso piano le due peggiori ideologie totalitarie del ‘900: nazismo e comunismo.

Il documento, proposto per gli 80 anni dall’inizio della Seconda Guerra Mondiale, è stato approvato con una vasta maggioranza: 535 voti favorevoli, 66 contrari e 52 astenuti. Per quanto riguarda i partiti italiani, a votare a favore sono stati sia i partiti di centro-destra (Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia) sia il PD, mentre a opporsi sono stati i partiti della sinistra radicale (LeU, Potere al Popolo e il Partito Comunista di Marco Rizzo), e i 5 Stelle si sono astenuti. In seguito ai risultati del voto, sono scoppiate le proteste, oltre che dei partiti contrari e di singoli esponenti del PD, anche dell’ANPI e di molti media di sinistra, che hanno parlato di “riscrittura della storia” (cit. Fatto Quotidiano), facendo notare che l’URSS combatté la Germania Nazista.

Personalmente quando ho saputo della risoluzione non ho potuto fare a meno di gioire, soprattutto per ragioni familiari: infatti la mia famiglia materna in origine veniva dalla Lettonia, che nel 1941 fu annessa dall’Unione Sovietica e, salvo gli anni dell’occupazione nazista durante la guerra, fece parte dell’URSS fino allo scioglimento di questa, nei primi anni ’90. Al termine dell’occupazione, molti ebrei si illusero che sotto il dominio sovietico avrebbero trovato quella serenità che gli era stata negata sia sotto il nazismo sia da parte di un popolo, quello lettone, che era sempre stato fortemente antisemita, da molto prima che arrivassero i tedeschi; tra il novembre e il dicembre del 1941, furono circa 24.000 gli ebrei lettoni del Ghetto di Riga sterminati in quello che divenne noto come il Massacro di Rumbula, senza contare anche quelli deportati dalla Germania.

Ma nonostante nell’URSS non avvenissero pogrom o stragi premeditate, anche lì gli ebrei vivevano in condizioni disagiate: gli artigiani e i piccoli imprenditori si ritrovarono ben presto senza le loro proprietà perché confiscate dallo stato. Inoltre, a causa delle politiche antireligiose dei comunisti, gli ebrei poterono sempre meno praticare apertamente la loro fede, e molte sinagoghe vennero chiuse. Ma è nel dopoguerra che il regime di Stalin iniziò a diffondere una campagna antisemita in tutto il paese, che portò anche a diversi omicidi: tra questi vale la pena di ricordare l’evento noto come la Notte dei poeti assassinati, quando 13 intellettuali ebrei furono ingiustamente accusati di tradimento ed eliminati nel carcere della Lubjanka, il 12 agosto 1952.

Le cose iniziarono vagamente a migliorare quando, nei primi anni ’70, il leader sovietico Leonid Breznev concesse a migliaia di ebrei sovietici di emigrare in Israele; tra questi c’era anche mia madre. Su questo occorre ricordare una cosa: all’epoca non era come oggi che puoi viaggiare da un posto all’altro come se niente fosse, perché chi lasciava l’Unione Sovietica non avrebbe mai più potuto tornarci. Chi lasciava il paese lo faceva convinto che non avrebbe mai più rivisto né i suoi cari rimasti lì, né i luoghi dove era nato e cresciuto; ma per migliaia di ebrei le condizioni di vita fino a quel momento erano state tali che erano disposti a lasciarsi tutto alle spalle per vivere in un paese di cui in realtà non sapevano niente che non fosse filtrato dalla propaganda antisionista dell’URSS.

Anche mettendo da parte il fattore dell’antisemitismo, è innegabile che i regimi comunisti in giro per il mondo si macchiarono di crimini inenarrabili: le grandi purghe degli anni ’30 uccisero almeno 3 milioni di dissidenti politici, mentre in Cina le politiche agricole di Mao Tse-tung tra gli anni ’50 e ’60 fecero morire di fame decine di milioni di persone.

In sostanza, è un bene che l’UE abbia deciso di condannare allo stesso modo comunismo e nazismo; anche perché nel nostro paese, e non solo, per troppo tempo politici e intellettuali hanno cercato di sminuire i crimini di questa ideologia con la scusa che essa si fondasse su un sogno di uguaglianza e giustizia sociale. Ma proprio uno dei maggiori teorici del comunismo in Italia, Antonio Gramsci, diceva che “la storia insegna, ma non ha scolari.” La storia della mia famiglia mi ha insegnato che chi nasce sotto una dittatura, rossa o nera che sia, raramente riesce a vivere felice in quel paese; quasi tutti i miei parenti hanno trovato la felicità emigrando in paesi liberi e “capitalisti”, dove i problemi sociali ed economici incontrati sono niente in confronto a quelli che si sono lasciati alle spalle.

 


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