4 Aprile 20144min

Mostrami qualcosa di diverso

ASSAEL34

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Ho visitato ILIOKATAKINIOMUMASTILOPSARODIMAKOPIOTITA di Micol Assaël, mostra a cura di Andrea Lissoni, allestita negli spazi dell’Hangar Bicocca di Milano e vorrei consigliarvi di farci un salto.

Per chi non conoscesse l’Hangar si tratta di una struttura che promuove, espone e produce arte contemporanea; ma torniamo alla mostra, se leggendo il nome dell’artista avete pensato che fosse “dei nostri” non vi sbagliavate, ora dimenticatelo, la Assaël infatti imposta i suoi lavori cercando di annullare totalmente la propria identità dalle opere, in questo caso anche a partire dal titolo, una serie di termini in greco uniti a formare un unicum senza significato ma con un suono ben definito.

L’effetto sonoro è voluto, infatti è proprio questo elemento a unire le cinque opere esposte, piccoli ambienti abitativi in cui il pubblico è invitato ad entrare.

Spazi fortemente caratterizzati e distinguibili fra loro, a destra Mindfall (2004-2007) un container d al cui interno si trovano 21 motori elettrici, disposti su una sedia e dei tavoli, che accendendosi a intermittenza, creano una sorta di composizione musicale. I motori funzionano a nafta e l’odore di petrolio pervade l’ambiente.

A sinistra segue Vorkuta (2003), una cella frigorifera la cui temperatura è tenuta a -30°C, un freddo vero e affilato che neanche la sedia posta al centro del”ambiente, riscaldata a +37°C, riesce a spezzare, completa l’ambiente un quadro di comandi illuminato da piccole scosse elettriche.

Intirizziti e infreddoliti dovrete spostarvi al centro ed entrare in Shed (2009-2014), una struttura lignea i cui spazi provocano una sensazione di stupore che non descriverò, vi basti sapere che qui l’effetto sonoro è affidato alla natura.

Proseguendo troviamo Senza Titolo (2003) e qui dovrete prepararvi a sacrificare la vostra perfetta messa in piega, infatti da alcuni degli armadietti in ferro, come quelli delle palestre, esce un getto d’aria calda p fredda che non potrà lasciarvi indifferenti.

La quinta e ultima stanza Sub (2014), realizzata per la mostra, è composta dall’unione di espositori in vetro e alluminio al cui interno si trova un generatore che produce cariche elettrostatiche.

Cinque stanze ipoteticamente abitabili diverse tra loro ma accomunate da un elemento: l’uomo.

La visita mi ha fatto pensare e ad ogni spazio si rafforzava in me un’idea, una similitudine con il popolo ebraico. Ci siamo insediati agli estremi del mondo, adattati ad ambienti inospitali, abbiamo cambiato in parte i nostri usi ma il nostro cuore è rimasto lo stesso. Siamo diversi ma unici e dovremmo ricordarlo più spesso.

 Sharon Reichel


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