“Mossad. Una notte a Teheran”, un libro che lascia con il fiato sospeso

מוסד

di David Di Segni

 

Nell’aprile 2018, il premier israeliano Benjamin Netanyahu, con solo poche ore di preavviso, convocò una conferenza stampa a cui aderirono i principali media di tutto il mondo. La rivelazione fu la seguente: il Mossad, il servizio segreto israeliano, aveva scovato un’enorme quantità di informazioni che testimoniavano in maniera inconfutabile come l’Iran, nonostante i patti stipulati, stesse portando avanti la produzione nucleare per scopi militari. Questa scioccante scoperta mise l’Iran di fronte al banco degli imputati, e consolidò quell’aura di mistero che aleggia intorno a quel nome: Mossad.

Nessuna notizia è trapelata su come effettivamente si siano riusciti a rubare così tanti documenti da un paese ostile, né quando l’operazione sia avvenuta; ed è proprio su questo che si basa il nuovo libro del giornalista israeliano Michael Sfaradi Mossad – Una notte a Teheran, edito da La nave di Teseo, che attraverso una storia verosimile narra di come i servizi israeliani possano essere riusciti in questa ardua missione, che rientra sicuramente tra le migliori dello spionaggio internazionale.

La penna incalzante di Sfaradi ci presenta personaggi dalle vite comuni, difficili e complesse, nelle quali è facile immedesimarsi. Infatti, i membri del Mossad non sono degli automi senza cuore, ma esseri umani che provano dolore, gioia, sofferenza e quindi in grado di dimostrare una forte empatia. Tutti però, nelle loro diversità, condividono un ideale comune: il bene superiore della propria nazione, anche a costo della propria vita. E così, con una piacevole chiarezza espositiva, lo scrittore getta le proprie marionette nello scenario peggiore per un agente operativo israeliano: essere catapultato a Teheran sotto mentite spoglie alla ricerca di informazioni e risposte.

Spinti dal forte sospetto di un’illecita attività nucleare nel paese, i personaggi si ritrovano in una grande polveriera alla ricerca di piste e di soggetti da seguire e spiare. Colpi di scena, suspence crescente intervallata da attimi di quiete (prima della tempesta), e persino un pizzico di ironia. Un mix emotivo che non annoia mai il lettore, invogliandolo alla lettura della pagina successiva. I personaggi si evolvono, condizionati dalla gabbia che si sono costruiti attorno; non è infatti Ilan, il protagonista, a cambiare, ma Apostolo 04, l’agente operativo che incarna. Gli eventi narrati tessano la tela di una vera e propria “spy story”: non inseguimenti mozzafiato o sparatorie impossibili, ma semplici pistole e tanta logica dietro le azioni, condotte in pieno stile israeliano: minimo sforzo, massimo risultato.

Ai protagonisti si aggiungono personaggi secondari ma essenziali, dalla forte caratterizzazione, che incarnano ognuno un simbolo o un’ideale diverso, quali il riscatto, l’onore o addirittura la lotta alla dittatura religiosa degli Ayatollah. Sarà impossibile non affezionarsi ad almeno uno di essi. La precisione con cui viene raccontata la vicenda è disarmante; la descrizione di armi, luoghi, tecniche di infiltrazione e persino dei metodi di addestramento è limata al dettaglio e non suscita, nella mente di chi legge, la sensazione che vi sia dell’esagerazione tipica di questo genere di romanzi.

Non vi resta che sedervi sul divano, aprire il libro e provare ad immaginare, anche solo per un attimo, di aver preso parte all’operazione di spionaggio più intrigante del secolo.


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