L’OPINIONE | Lettera di una studentessa della Sapienza
di M. M.
Sin dal mio primo giorno alla Sapienza, sono stata accolta con ostilità e xenofobia a causa della mia duplice identità ebraica e latinoamericana.
L’ambiente ha iniziato a diventare tossico a causa di uno studente, che chiameremo John Doe, su una chat di gruppo dell’università. In questo contesto, John ha espresso commenti denigratori sugli americani di origine latina e fatto battute angoscianti su africani ed ebrei nei forni.
Nonostante avessi segnalato questi incidenti all’università e alle autorità competenti, nessuna azione è stata intrapresa. In seguito, John mi ha minacciato per averlo segnalato, minaccia che ho a mia volta segnalato e che ovviamente non è stata presa seriamente.
Inoltre, un’altra studentessa, che chiameremo Jane Doe, ha espresso opinioni estremiste e preso di mira gli studenti ebrei. Si è verificato un incidente in cui ha espresso apertamente disgusto nei confronti di uno studente israeliano solo per aver dichiarato la sua origine. In un’altra occasione, ha attaccato pubblicamente gli studenti ebrei sulla stessa chat di gruppo e ha minacciato di morte persone come me che si identificavano come sioniste.
Questi episodi di ostilità e antisemitismo hanno lasciato la comunità ebraica isolata e insicura all’interno dell’università.
La mancanza di sostegno da parte dell’amministrazione universitaria aggrava ulteriormente il problema. Dopo aver espresso le nostre preoccupazioni e paure in una lettera degli studenti ebrei, abbiamo ricevuto una risposta inappropriata dal coordinatore del corso. Piuttosto che affrontare le nostre preoccupazioni e offrire soluzioni, ha suggerito un pericoloso confronto con Jane Doe e ha respinto la necessità di prendere posizione contro il terrorismo.
La mancanza di empatia e comprensione nella sua risposta è stata scoraggiante, e non ha ispirato fiducia nell’impegno dell’università a proteggere i propri studenti.
Ciò mi ha spinta ad inviare una lettera in cui dichiarò di volermi ritirare, che è arrivata anche al rettore e apparentemente ha causato qualche controversia.
Le uniche cose che chiedevamo erano il rifiuto di accettare il terrorismo come libertà di parola, proroghe dei termini e consulenza psicologica, ma tutto questo ci è stato negato.
Inoltre, ci è stato suggerito di “abbassare il nostro profilo”, anche se le persone che sostenevano il terrorismo camminavano a testa alta. Mi sono quindi posta delle domande: dove finisce la libertà di parola? Dove inizia la mia libertà e dove finisce la loro?
Inoltre, è allarmante notare come l’antisemitismo si estenda oltre i singoli episodi e si inserisca nello stesso dibattito accademico. Durante un corso su colonialismo e decolonizzazione, il professore ha fatto commenti inappropriati sulla Shoah, definendolo un “crimine dei bianchi contro i bianchi”. Quando ho cercato di fornire una prospettiva diversa evidenziando la presenza di vittime non bianche, il professore ha risposto con teorie del complotto sugli ebrei.
Questo episodio conferma l’urgente necessità che le istituzioni educative affrontino i pregiudizi sistemici, e garantiscano un ambiente di apprendimento sicuro e inclusivo per tutti gli studenti.
È cruciale che La Sapienza prenda misure immediate per affrontare questi problemi e garantire la protezione e il benessere di tutti gli studenti.
L’università dovrebbe implementare politiche antidiscriminatorie, fornire una formazione completa sulla diversità e sull’inclusione per docenti e personale, istituire un sistema per segnalare e affrontare incidenti di discriminazione e offrire supporto psicologico agli studenti colpiti.
È di enorme importanza considerare l’impatto della risposta dell’università agli episodi di discriminazione e ai discorsi d’odio. Proteggendo la libertà di parola di coloro che promuovono ideologie dannose, l’università inavvertitamente silenzia e marginalizza le voci delle minoranze, creando un’atmosfera in cui l’odio può prosperare incontrollato.
È essenziale tracciare una chiara linea tra la libertà di parola e l’incitamento all’odio o alla violenza, garantendo che tutti gli studenti si sentano liberi di esprimere i propri pensieri e le proprie identità.
Credo fermamente che sia responsabilità delle istituzioni promuovere un ambiente inclusivo che rispetti tutti gli individui, indipendentemente dalla loro origine o dalle loro convinzioni. Affrontando la questione e adottando le misure appropriate, La Sapienza ha l’opportunità di apportare cambiamenti necessari e di fungere da modello per altre istituzioni.
L’Unione Giovani Ebrei d’Italia (UGEI) è un’organizzazione ebraica italiana. Essa rappresenta tutti gli ebrei italiani di età compresa tra i 18 e i 35 anni. L’organo ufficiale di stampa UGEI è HaTikwa: un giornale aperto al confronto di idee.