L’eccidio di Sant’Anna di Stazzema, per non dimenticare
Il 12 Agosto 1944 venne consumato presso Sant’Anna di Stazzema, nei pressi delle Alpi Apuane, uno dei più efferati crimini di guerra a danno della popolazione civile commessi in Italia durante l’occupazione.
Poco dopo l’alba, verso le 7 del mattino, quattro squadroni delle SS, guidate dal comandante Max Simon, con l’ausilio di collaborazionisti della RSI (Repubblica Sociale Italiana) vennero condotti attraverso i sentieri di montagna presso il paese.
Nelle settimane precedenti all’eccidio, un grande numero di profughi, sfollati a causa delle schermaglie tra partigiani e tedeschi, aveva ripiegato sul villaggio facendo lievitare la popolazione da poco meno di 500 individui a circa 1500 unità.
L’area era stata dichiarata dai tedeschi “zona bianca” ovvero territorio “sicuro” per la popolazione civile. Ma quella mattina non venne risparmiato nessuno.
Prima i rastrellamenti dalle case delle persone ancora dormienti, le fucilazioni nella piazza della chiesa e non per ultimi i roghi appiccati alle abitazioni ed ai cadaveri. La furia tedesca non risparmiò neanche i bambini. Non esistevano più limiti. Delle 560 vittime ne vennero riconosciute 393.
Il 12 agosto 1948 venne eretto, presso Col di Cava, il Monumento Ossario in onore delle vittime di quel terribile giorno.
L’eccidio di Sant’Anna si aggiunge alle 5.600 stragi compiute dai nazifascisti tra il 1943 ed il 1945 e che portarono alla morte di 24mila civili.
La strage, dopo 77 anni, ancora desta sgomento e profondo dispiacere per la popolazione civile, reale ed unica vittima di quella giornata. L’uomo decise di negare se stesso, venne oltraggiata la dignità umana gettando ulteriore sofferenza su una popolazione lacerata dalla guerra.