L’ambasciatore Hotovely evacuata dal campus a causa delle proteste pro-palestinesi

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di Ghila Lascar

Martedì 9 novembre, l’ambasciatrice d’Israele nel Regno Unito, Tzipi Hotovely è stata costretta a lasciare la London School of Economics (LSE), in cui era stata invitata in occasione di un evento organizzato dalla società di dibattito dell’università, per portare la prospettiva israeliana rispetto ad una nuova era nel Medio Oriente, a cui avrebbe dovuto anche partecipare successivamente l’ambasciatore della Palestina nel paese, Husam Zomlot

Prima dell’evento, la LSESU Debate Society aveva pubblicato una dichiarazione sui canali social, invitando gli studenti al confronto e all’apertura ad opinioni diverse nell’ambiente accademico, rispondendo all’appello avvenuto sempre tramite gli stessi canali, di LSE for Palestine, comunità di studenti a favore della causa palestinese, che nei giorni precedenti all’evento ha organizzato una manifestazione, invitando gli studenti ad unirsi contro l’intervento dell’ambasciatrice definita come “razzista anti-palestinese e negazionista della Nakba”.

Oltre a questo, consigli su cosa portare con sé alla manifestazione: “mascherine, amici, bandiere [palestinesi], voci, pentole e padelle” e suggerimenti di  cori per chi volesse unirsi. Poco prima dell’evento un profilo anonimo, ora non più esistente, LSEClasswar, ha pubblicato un tweet ancora meno pacifico: “Chiunque rompa il finestrino della macchina dell’Ambasciatrice, gli offro da bere. Spaventiamola” (“Whoever smashes the Ambassador car window (Lincoln’s Inn Field) gets pints. Let’s f**king frighten her.”)

In un clima decisamente teso, l’evento ha avuto comunque luogo: l’ambasciatrice ha parlato e risposto alle domande per circa un’ora e mezza, di fronte a circa 200 studenti che, come riporta la stessa ambasciatrice, “volevano ascoltare la storia di Israele in una delle migliori università al mondo”. 

Contemporaneamente, all’esterno del luogo dell’evento, la manifestazione si è svolta come da programmato: tra cori e canti, gli studenti hanno espresso il loro rifiuto di “legittimare la violenza inflitta dall’ambasciatrice attraverso la sua retorica e il brutale regime di apartheid che rappresenta” come hanno poi sottolineato nella dichiarazione pubblicata sui  social.

I manifestanti sono stati anche definiti “particolarmente spronati”, quando hanno saputo che le loro voci erano state sentite all’interno dell’edificio. Alla fine della conferenza, la Hotovely è stata fatta uscire, precipitandosi in macchina, protetta dalla sicurezza e dalla polizia che teneva i manifestanti a distanza. Nel video che riprende la scena, diventato virale sui social, si sentono insulti rivolti all’ambasciatrice quali “vergognati!”, oltre che grida e urla.

Le agghiaccianti immagini hanno provocato una durissima reazione dal governo inglese, come dalla comunità internazionale: il ministro dell’educazione Nadhim Zahawi, di ritorno da Cracovia, si è scusato con la diplomatica israeliana per l’accaduto ed ha annunciato un piano di dialogo e supporto per gli studenti ebrei nel Regno Unito; in un tweet ha infatti ribadito: “l’educazione è il nostro vaccino contro l’odio anti-ebraico”. Anche il ministro dell’Interno inglese, Priti Patel, ha espresso solidarietà verso l’ambasciatrice, sottolineando il suo disgusto per come è stata trattata. 

La dichiarazione pubblicata da LSE for Palestine ha tutt’altro tono: sottolinea che gli studenti “non avrebbero tollerato discorsi, comportamenti o manifestazioni che avrebbero incitato ad ogni sorta di pregiudizio o discriminazione”, rappresentati dalla stessa Hotovely. 

Inoltre nella dichiarazione, il gruppo sottolinea che l’ambasciatrice non sarebbe fuggita dall’università, come descritto dai media, perché si trattava di una manifestazione pacifica. Anzi, mentre la donna stava lasciando l’edificio, gli studenti denunciano un comportamento abusivo da parte della polizia che li avrebbe aggrediti.

Dopo la reazione delle varie autorità, anche l’ambasciatore palestinese Husam Zomlot ha annunciato che avrebbe rimandato il suo intervento a data da destinarsi, visto che “desidera tornare nella sua alma mater [la LSE] quando ci sarà un clima più sereno [per parlare]”, si legge nella dichiarazione pubblicata dalla società di dibattito.

Nonostante la lieta conclusione dell’evento, le  immagini dell’Ambasciatrice in un clima di così grande tensione, con insulti e cori mentre lascia la LSE sono esempio di un sintomo di un fenomeno più vasto e ampiamente accettato all’interno degli istituti accademici, che si rendono continuamente protagonisti di atti antisemiti dentro le loro mura, sia per quanto riguarda il corpo docenti, che tiene lezioni dal contenuto anti-ebraico e anti-israeliano, che per gli studenti che contribuiscono a creare un clima di discriminazione e di isolamento nei confronti della minoranza ebraica.

Le prime coraggiose voci tra gli studenti cominciano tuttavia a farsi sentire: rivendicano il proprio diritto a essere tutelati, a difesa della propria libertà di parola e di espressione agognata da lungo tempo.

 


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