La strada giusta
Perdonatemi, per una volta voglio togliermi i panni del consigliere UGEI e commentare il weekend di Trieste appena trascorso.
Inizialmente non vi nascondo che avevo delle serie perplessità circa la buona riuscita dell’evento, visti i numeri ridotti di partecipanti.
A posteriori invece devo ammettere che questo weekend è stato uno dei meglio riusciti a cui ho partecipato nei miei anni di partecipazione all’UGEI (sarà un caso, che a questo io non ho partecipato attivamente all’organizzazione?). Abbiamo avuto modo sicuramente di conoscerci meglio, di fare amicizia con nuovi ragazzi e di entrare realmente in confidenza. Il clima era realmente quello che si dovrebbe ritrovare sempre all’UGEI: un clima famigliare e di condivisione.
Dal punto di vista contenutistico inoltre credo che si siano affrontati temi importanti e che non si sia perso tempo, concentrandosi sul concreto, focalizzando i problemi principali e proponendo soluzioni concrete e realizzabili.
Il tutto in una cornice amabile come quella della comunità di Trieste, che ci ha accolto come se fossimo i loro figli, ci ha ospitato e nutrito con un tale affetto da farmi rimpiangere di non aver organizzato mai nessun evento prima.
Un po’ di resoconto. Il weekend si è aperto con la presentazione della ricerca del professor Campelli circa lo stato dell’ebraismo italiano. L’ebraismo italiano sta soffrendo un calo nei numeri e nella partecipazione, presentando tuttavia una forte, fortissima voglia di esserci. Nelle comunità si litiga, a volte sono troppo religiose, a volte lo sono troppo poco, ma il problema fondamentale è che manca quel senso famigliare che le comunità dovrebbero avere. E poi ci si impoverisce dal punto di vista identitario e intellettuale. Una o due generazioni fa gli ebrei contribuivano profondamente alla crescita sociale, economica, culturale, scientifica del paese, ed erano percepiti come elemento importante del tessuto sociale italiano, oggi meno.
La giornata di sabato si è costruito su queste riflessioni, andando a domandarci che cosa secondo noi determina il più forte allontanamento dalle comunità e dall’UGEI Non mi soffermo a dettagliare i ragionamenti di circa sei ore di dibattito (il desiderio di confrontarsi era talmente forte che l’unica pausa, e brevissima, è stata fatta per mangiare challà e nutella). Il punto fondamentale che è emerso è che manca il collante, manca quell’ingrediente che fa venire voglia di partecipare. L’UGEI non è più quella di un tempo, dove la socializzazione bastava come elemento determinante dello stare insieme. Oggi serve riscoprire un insieme di valori e il veicolare esperienze che creino un legame forte. Più che socializzazione spicciola, si vogliono contenuti, si vuole cultura, ebraismo, identità. E si vuole fare, tant’è che una delle proposte più pragmatiche è stata quella di presentare a partire dal prossimo congresso meno mozioni e più progetti, in cui i presentatori degli stessi si impegnino in prima persona a portare avanti quanto vogliono vedere realizzato. La voglia di fare si traduce anche in voglia di parlare e confrontarsi maggiormente a livello locale. In alcune comunità la cosa funziona già molto bene. A Roma e a Milano questo ancora manca.
Ovviamente non sono mancati il buon cibo di shabbat, la festa del sabato sera con la vodka che girava, la visita al centro città e al Castello di Miramare e perfino la classica grigliata fuori porta di Lag ba-Omer.
Personalmente ho dormito molto poco, ma non mi è importato. Avevo una camera, a differenza di tutte le altre, quasi impraticabile, con fili elettrici scoperti e odore forte di pittura fresca, ma è andata bene lo stesso.
Questo weekend è stato perfetto, e non credo verrò smentito nel dire che forse abbiamo intrapreso la strada giusta.
Benedetto Sacerdoti
L’Unione Giovani Ebrei d’Italia (UGEI) è un’organizzazione ebraica italiana. Essa rappresenta tutti gli ebrei italiani di età compresa tra i 18 e i 35 anni. L’organo ufficiale di stampa UGEI è HaTikwa: un giornale aperto al confronto di idee.