“La più grande sfida delle nostre comunità: contrastare la polarizzazione e ritrovare l’unità” – Intervista al Presidente WUJS Jonathan Braun
“Sin dall’inizio ho creduto fermamente di poter dare molto agli studenti ebrei di tutto il mondo”, racconta Jonathan Braun, presidente del World Union of Jewish Students (WUJS), parlando di cosa lo ha spinto a candidarsi per una delle posizioni più ambite per un giovane attivista ebreo.
Il World Union of Jewish Students è stato creato nel 1924 dall’avvocato inglese Hersch Lauterpacht con l’idea di opporsi alle quote imposte dalle università in Europa per l’ingresso degli studenti ebrei. In questa missione Lauterpacht coinvolse un suo amico, Albert Einstein, che da lì a poco sarebbe diventato il primo presidente del WUJS. Negli anni la Union si è sviluppata arrivando a quella che è oggi: l’ente che rappresenta oltre 800mila studenti ebrei e che opera in oltre 50 stati in tutto il mondo.
Jonathan Braun, nato in Israele e cresciuto in Svizzera, ha vissuto in una famiglia ortodossa che, come racconta, è “sempre stata piuttosto attiva nel mondo ebraico”. Per questo per Jonathan è sempre stato naturale cercare di dare qualcosa per i giovani studenti ebrei prima in Svizzera e successivamente in Europa e nel mondo.
A fine mese terminerà il suo mandato iniziato a febbraio 2020 per lasciare il posto alla russa Yana Naftalieva, eletta durante il Congresso che si è tenuto nelle scorse settimane a Gerusalemme. Per l’occasione HaTikwa ha voluto intervistarlo per parlare del suo percorso e delle sfide che dovranno affrontare gli studenti ebrei in Israele e nella Diaspora.
Cosa ti spinse a candidarti come presidente a inizio 2020?
Prima di correre alla presidenza del WUJS, decisi di correre per quella dell’EUJS. Volevo sostenere gli studenti ebrei con le competenze e l’esperienza che avevo maturato negli anni passati. Tuttavia, non sono stato eletto. È stata una delle elezioni più combattute, e questo mi ha spinto a non mollare, perché sapevo che molti avevano fiducia in me e in quello che potevo dare. Ma come potevo rappresentare chi viene dall’America Latina oppure dall’Africa e dall’Oceania? Così, tra le due elezioni, ho deciso di imparare e comprendere le loro necessità prima di correre come Presidente. Cosa che alla fine ho deciso di fare.
Tra poco concluderai il tuo mandato. Come lo giudichi?
Credo sia andato alla grande. Ritengo di aver raggiunto molti degli obiettivi che mi ero prefissato e paradossalmente il Covid ha influito, soprattutto in positivo, nel loro raggiungimento. Infatti, la pandemia ci ha dato la possibilità di pianificare le nostre priorità, ci ha permesso di raddoppiare il nostro budget e di arrivare a un milione di shekel quest’anno. Oltretutto abbiamo aumentato il numero di programmi che facciamo, firmato partnership a lungo termine e in generale reso stabile l’organizzazione.
Cosa pensi di aver dato in questi anni da presidente?
Prima di tutto penso di aver dato molto tempo ed energia. Sicuramente ho guadagnato qualche capello grigio, ma è qualcosa di scontato quando si fa parte di questo mondo. Ma credo soprattutto di aver dato all’organizzazione un’identità e mi piace credere di aver stimolato molte persone a diventare attivisti e leader.
Cosa ti ha dato invece il WUJS?
Sicuramente la possibilità di fare della mia passione un lavoro. È stata un’enorme opportunità per me. Fare il presidente del World Union of Jewish Students è un’occasione unica nella vita. Ho potuto conoscere persone fantastiche e ho avuto la possibilità di visitare posti meravigliosi. E, naturalmente, gestire una struttura così grande a questa giovane età ti dà molta esperienza, di cui posso solo che essere grato.
Il tuo ruolo è stato ricoperto da grandi personaggi della nostra storia, come Einstein, Freud, Weizmann e molti altri. Come ti senti a far parte di questa lista unica nel suo genere?
Onestamente sono orgoglioso. Non posso promettere che otterrò un premio Nobel o che raggiungerò i livelli di Weizmann, Ben Gurion e di tanti altri prima di me. Ma sicuramente farò del mio meglio. Oltretutto essere presidente del WUJS comporta anche un certo carico di responsabilità, perché devi fare in modo di non rovinare tutto il lavoro fatto da queste persone straordinarie nel corso degli anni. Tuttavia, non essere da solo, ma anzi avere una squadra che lavora instancabilmente per gli studenti ebrei, ti fa sentire meno il peso della responsabilità e ti rende orgoglioso del lavoro che si sta portando avanti.
Parliamo un po’ di attualità. Quali pensi siano le maggiori sfide che i giovani ebrei devono affrontare oggi?
La prima sfida è a livello finanziario. Anche se non è un problema prettamente ebraico, credo sia una minaccia da non sottovalutare. La seconda è il risorgere dell’antisemitismo, che non viene più condannato sui social media, nei talk show e in molti altri posti. Spero che ci sia una reazione da parte della società. Noi abbiamo il compito di rendere la questione di primaria importanza. È un problema grande, che nessuna organizzazione ebraica può affrontare da sola. L’ultima grande sfida per il mondo ebraico è quella dell’unità. Si sta creando una forte polarizzazione delle opinioni: ormai o sei pro o sei contro un determinato tema, non si può più essere nel mezzo. Quindi è fondamentale fare in modo che le generazioni più giovani siano in grado di dialogare, discutere e sentirsi a proprio agio.
In che modo, dal punto di vista di un giovane ebreo della Diaspora, i risultati delle elezioni in Israele influiranno sulle nostre comunità?
Prima di tutto bisogna precisare come sia completamente differente la percezione di quanto sta accadendo in Israele. Le comunità della Diaspora si stanno interrogando sul perché le elezioni in Israele abbiano visto una deriva a destra. Ma ci sono alcune cose che penso sia importante contestualizzare. La prima riguarda il sistema di voto e il peso specifico dei partiti di estrema destra in Israele, che non è lo stesso della destra in Ungheria o in Italia. Inoltre, bisogna domandarsi: quali sono le priorità degli israeliani? Sicuramente la stabilità e la volontà di avere un governo, poi c’è il costante tema della sicurezza e per ultimo il desiderio dell’elettorato di dare la possibilità ad altre opzioni. Ci saranno problemi a lungo termine tra la Diaspora e Israele, ma penso che l’importante sia, ancora una volta, non polarizzarsi, cercare di capire perché gli israeliani siano arrivati a questa decisione. Perché lo vogliamo o no, non importa chi ci sia al governo, Israele è l’unica casa sicura per gli ebrei. La paura delle comunità della Diaspora è che l’estrema destra possa essere usata contro di loro. Ma se vieni preso di mira come ebreo o come sionista perché il governo di Israele sta facendo qualcosa di sbagliato, il problema è che la persona di fronte a te è antisemita.
Intervista esclusiva realizzata per “Rinnovarsi per Crescere”. L’articolo è stato aggiornato alla luce dell’elezione del nuovo presidente WUJS il 31/12/2022.
Nato a Roma. Giornalista pubblicista. Collaboratore per Shalom.it e responsabile della comunicazione sui social network per l’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma. Consigliere con la delega a Roma e Tesoriere nel Consiglio Esecutivo 2018, Revisore dei Conti nel 2019 e per il 2023.
Caporedattore nel 2020, è stato Direttore Editoriale di HaTikwa fino a dicembre 2023. Membro del Consiglio Esecutivo 2024-2025, ricopre il ruolo di Presidente, con delega ai Rapporti Istituzionali e Roma.