La Parashà della Settimana: Ytrò
di Jonathan Di Veroli
La Parashà che leggeremo questo Shabbat è quella di Ytrò, suocero di Moshè. Il suo nome deriva dalla radice יתר, che significa “aggiunta”, perché Ytrò aggiunge un qualcosa nella Torah: ad esempio, consiglia a Moshè di lasciare la gestione di alcuni suoi compiti a dei magistrati minori. Questo è un messaggio forte della Torah, ci insegna che una persona da sola non possa fare tutto e che, in alcune circostanze, sia necessario farsi aiutare da qualcuno. Nella Parashà, il popolo si prepara a ricevere la Torah sotto il Monte Sinai e ad ascoltare i dieci comandamenti. Spiegano i rabbini che, quando la voce divina li pronunciò, il popolo vide materialmente le onde sonore prodotte da questa voce. Fra i comandamenti scritti sulle Tavole della legge, uno non viene spesso tenuto in considerazione, ma assume un significato molto importante nell’ebraismo, cioè “Non fare falsa testimonianza”. Spiega Rav Ovadià Sforno di Cesena che questo ha un altro significato, oltre a quello letterale. La Torah vuole insegnarci che è proibito fare sia la maldicenza sia la diffamazione. I Maestri sottolineano inoltre il collegamento fra questo comandamento e l’osservanza dello Shabbat, quando ricordiamo e testimoniamo che il Signore ha creato il mondo in sei giorni e nel settimo si è riposato. Se in tribunale facessimo falsa testimonianza, staremmo al contempo negando che il Signore abbia creato il mondo in sei giorni. Non dobbiamo solo allontanarci dalla falsa testimonianza in tribunale, ma anche astenerci dal fare la Leshon Harà verso il prossimo e, a maggior ragione, è importante astenersi dall’ascoltare parole di maldicenza.
Shabbat Shalom!
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