La Parashà della settimana: Mattot-Massè

Mattot Massè

di Federico Spizzichino

Nella Parashà di Mattot, che leggeremo Shabbat, troviamo un episodio molto interessante. Moshè si arrabbia con alcuni leader del popolo ebraico e ciò lo porta a scordare una regola che dirà al suo posto il figlio di Aharon, Elazar. Rashì, ci insegna che il potere della rabbia è così forte che ha portato addirittura Moshè a dimenticare una regola. Inoltre, la rabbia ed il nervoso portarono Moshè a non entrare in Eretz Israel, poichè per il grande stress colpì la roccia invece di parlare ad essa per fare uscire l’acqua. Vediamo quindi che la rabbia assume in questi casi una connotazione molto negativa. Però studiando l’ultimo commento di Rashì alla Torà, possiamo vedere che la rabbia e la severità a volte se usate al momento giusto e con giuste modalità possono portare effetti positivi. Infatti nelll’ultimo verso della Torà secondo il commento di Rashì, che riporta il Midrash, D-o si complimenta con Moshè per aver rotto le tavole della legge nel momento in cui ha visto il vitello d’oro. In quel caso infatti serviva un atto estremo, occorreva far capire al popolo quanto Moshè era arrabbiato solo ed esclusivamente perché il popolo aveva tradito D-o con un idolo. Impariamo da qui, che se qualcuno, ebreo o non, mancano di rispetto a D-o, possiamo e dobbiamo arrabbiarci con quella persona per difendere l’onore di H. In generale, una persona dovrebbe cercare di arrabbiarsi il meno possibile, infatti, secondo il Talmud chi si arrabbia è come se compiesse idolatria! Ma che significa questo? Ciò che il talmud vuole trasmetterci è che quando una persona è colta dall’ira mette se stesso al centro di tutto, lui è ciò che conta di più e non esiste più niente intorno, è come quindi se idolatrasse se stesso. Inoltre spesso, chi si arrabbia arriva a fare atti di Chilull H. (Profanazione del nome di Dio, compiendo averot o arrivando a pronunciare il nome di D-o invano). Il Pirke Avot però prende in considerazione una persona che purtroppo a volte può essere colta dalla rabbia e dice che chi si arrabbia difficilmente ma si calma facilmente è un Chassid (Giusto). Quindi,
quando purtroppo la rabbia ha la meglio su di noi dovremmo ricordarci di questo messaggio e di
quanto la rabbia abbia dei risvolti molto brutti. Concludiamo con un ultimo insegnamento, collegato al periodo di TishaBeav,. Spesso nella Torà troviamo dei momenti in cui H. Si arrabbia con il popolo ebraico. All’interno del Tempio di Gerusalemme, ci stava l’arca dell’alleanza che conteneva le tavole della legge. Sopra all’arca vi erano due sculture a forma di angeli. Se il popolo si comportava bene, i volti degli angeli erano l’uno verso l’altro, se invece il popolo non portava rispetto a D-o allora uno guardava da una parte uno dall’altra. Nel giorno in cui H. Ha distrutto il tempio, il 9 di Av, ha rigettato tutta la sua ira per i grandi errori del popolo. Quando però i romani sono entrati all’interno del tempio, hanno trovato che i due angeli si guardavano l’uno con l’altro. Ma come era possibile ciò, proprio nel giorno in cui H. Era colmo di rabbia? Impariamo da qui, che la rabbia di H. È come la rabbia di un padre verso il figlio, genuina e priva di odio, utile solo a correggere Am Israel. Quindi i due volti si guardavano l’uno con l’altro, poiché H. Aveva rigettato la sua rabbia sul tempio, non sterminando Am Israel, popolo da Lui amato.


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