La Parashà della settimana: Beshallach
di Jonathan Di Veroli
La Parashà che leggeremo questo Shabbat è chiamata Beshallach ed è la quarta del libro dell’Esodo. Finalmente il popolo ebraico esce miracolosamente vittorioso dall’Egitto, dopo aver passato secoli nel buio della schiavitù. Lo Shabbat in cui si legge questa Parashà è anche detto “Shabbat Shirà”, cioè il “Sabato della cantica”, perché, una volta superato il Mar Rosso che si era aperto miracolosamente, Mosè e i figli di Israele cominciano a cantare per manifestare la propria gioia e gratitudine al Signore. Emerge dal testo e dai commenti dei Maestri, che il mare non si aprì subito all’arrivo del popolo ebraico. Gli ebrei si trovarono davanti al mare, con gli egiziani alle spalle che li stavano inseguendo e, in un momento di caos totale dettato dalla paura, alcuni cominciarono a lamentarsi mentre altri iniziarono a pregare. Non era questo però quello che voleva il Signore. Infatti, il mare si aprì solo quando un uomo, che si chiamava Nachshon ben Aminadav, entrò nel mare fino a quando l’acqua gli arrivò al naso, dimostrando davvero la fiducia nel Signore. Questa storia ci insegna che ci sono momenti adatti per parlare,momenti adatti per pregare, ma in alcune circostanze il Signore vuole una reazione concreta da parte nostra. Poi nella Parashà troviamo la Mitzvah dello Shabbat, con particolare riferimento alla Manna, il cibo dato agli ebrei dal Signore nel deserto.
Nel Talmud (Berachot 48b) viene raccontato che Moshè stabilì la prima benedizione del pasto, la Birkat Hamazon, quando la Manna scese per la prima volta. Sempre il Talmud, secondo un ragionamento ben preciso, spiega che, così come una persona recita la benedizione dopo aver consumato il pasto e quindi quando è sazio, così lo deve benedire anche prima di consumarlo e quindi quando è affamato. Da qui si impara che si recita una benedizione sia prima che dopo la consumazione di un pasto. Si domandano allora i Maestri: quale benedizione si faceva prima di consumare la manna? Ci sono tre risposte. La prima, Amotzì, cioè la benedizione del pane, perché nella Torah è chiamata “pane del cielo”. La seconda, Mezonòt, quella dei farinacei e dolci, poiché nella nostra Parashà è scritto che la manna aveva un sapore dolce. La terza, Sheakòl, quindi quella per le bevande – e altro ancora – perché, quando si ha il dubbio su quale benedizione fare e si recita Sheakol, si esce d’obbligo dalla Mizvà. La Parashà si chiude con la guerra fra Israele e Amalek. Nonostante gli ebrei ne escano vincitori, questa guerra lascia un segno molto forte nel popolo. Tanto da esserci il comando di tenere in memoria di questa guerra in tutte le generazioni.
Shabbat Shalom!
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