La Parashà della settimana: Beshallach
וַיְהִ֗י בְּשַׁלַּ֣ח פַּרְעֹה֮ אֶת־הָעָם֒
Domani leggeremo la quarta Parashà del libro di Shemot. Dopo quattrocento anni di schiavitù, il popolo ebraico rivede la strada della libertà. Assalito dal terrore perché l’esercito egiziano lo aveva raggiunto, si lamenta contro Moshè per averlo liberato dall’Egitto. Infatti nel verso וַיֹּאמְרוּ֮ אֶל־מֹשֶׁה֒ הֲֽמִבְּלִ֤י אֵין־קְבָרִים֙ בְּמִצְרַ֔יִם לְקַחְתָּ֖נוּ לָמ֣וּת בַּמִּדְבָּ֑ר מַה־זֹּאת֙ עָשִׂ֣יתָ לָּ֔נוּ לְהוֹצִיאָ֖נוּ מִמִּצְרָֽיִם (Shemot: 14,11) il popolo chiede a Moshè del perché erano fuggiti dall’Egitto se il loro destino era quello di morire. D. sta mettendo alla prova la fiducia che il popolo ha nei suoi confronti, infatti Il Talmud (Arakin 15a) mette questa vicenda tra le 10 prove che il popolo deve superare per ricevere la Torah. I Commentatori ci fanno notare di come il verso sia attuale: a volte davanti ad una situazione di pericolo si perde la ragione. Gli stessi ebrei che hanno visto la distruzione dell’Egitto con le dieci piaghe stanno dubitando se D. li ha fatti uscire da lì per morire nel deserto. Infatti nella prima situazione di pericolo occorsa nella condizione di libertà, il popolo si pente di essere stato liberato e incolpa Moshè di averlo fatto. Nonostante la libertà, talvolta si fa fatica ad essere veramente liberi. Tutto dipende da quella che è la fiducia che si ha in se stessi e in questo caso in D. Per questo c’è bisogno dell’intervento di Moshè, che scuote il popolo e riesce a trasmettere la fiducia necessaria, ribadendo che è D. a volerli liberare e condurre verso Eretz Israel, però prima c’è bisogno di formali come uomini liberi ed autonomi. Grazie al suo intervento gli ebrei ritrovano la fiducia e avranno la forza di passare il Mar Rosso. Questa fiducia ritrovata sarà la base per la formazione di un grande popolo.
Shabbat Shalom!
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