La meta o il viaggio
Quando ci muoviamo per intraprendere un viaggio, ci siamo mai chiesti se è più bello l’arrivo alla meta, o il tragitto percorso per arrivarci? E’ una domanda, però, che con il sempre più frequente spostamento dei viaggiatori tramite l’aereo, è stata resa vana. In un’ora e mezza dall’Italia siamo a Parigi, o a Berlino, in due ore arriviamo a Cracovia, e in tre e mezza addirittura a Mosca.
Eppure, senza bisogno di tornare a 100 anni fa, pensiamo semplicemente a quando viaggiamo in automobile. Personalmente, ho avuto bellissime esperienze di vacanze in macchina raggiungendo città come Budapest, Praga, Vienna, Monaco e anche Parigi. Quando ci spostiamo in aereo ci troviamo catapultati all’improvviso in un’altra realtà, della quale non conosciamo l’ambiente circostante, e non sappiamo davvero come ci siamo arrivati. Viaggiando in macchina, vediamo gradualmente cambiare il paesaggio, e spesso ci si accorge che i confini delle nazioni non a caso coincidono con il cambiamento dell’ambiente. Possiamo godere appieno della natura intorno alla strada che stiamo percorrendo, e della nazione straniera che stiamo visitando apprezziamo dettagli e piccole bellezze che ci sfuggirebbero in un viaggio diretto in aereo. Arrivati a destinazione, abbiamo un senso incredibile di soddisfazione, possiamo dire che in un certo senso la meta finale ce la siamo conquistata e meritata. E allora sì che ne apprezzeremo tutte le particolarità, proprio perché siamo arrivati già preparati, già “nel mood”.
Voglio estendere questa riflessione al senso metaforico del viaggio. La meta che raggiungiamo non è altro che la mera forma, quello che appare all’esterno, ma è ciò che abbiamo fatto per raggiungerla che è davvero la sostanza e il contenuto del nostro viaggio.
Immaginiamoci il momento in cui terminiamo il nostro corso di studi: il giorno della cerimonia di proclamazione è solo la fine di questo viaggio, il diploma che otteniamo acquisisce un valore se il viaggio che abbiamo compiuto per ottenerlo è stato davvero approfondito e ricco di soddisfazioni. Eppure, alcune volte, c’è chi, con la sola ossessione di arrivare, sfreccia a 200 km/h, sbandando con l’auto senza nemmeno fermarsi un momento e godere del tramonto della natura, o di una serata in un piccolo villaggio prima di arrivare alla grande destinazione finale. E allora chi arriva alla meta senza tutto questo, è arrivato, ma l’arrivo è un arrivo fasullo, non preparato, che genera spaesamento. L’unico scopo era giungere, ma adesso? Qual è il nuovo obiettivo? Se invece il proposito è quello di viaggiare, allora arriveremo sì a una meta, ma da lì vorremo muoverci per andare alla ricerca di una nuova destinazione, perché il bello è proprio il percorso che compiamo.
Altro esempio, forse più lampante: il premio, in senso generale. È proprio il premio che rappresenta qualcosa di buono che si è compiuto. Fare qualcosa con il mero fine del premio in sé e per sé non potrà dare mai soddisfazione, proprio perché il premio dovrebbe rappresentare qualcosa che si compie in modo spontaneo, senza mai smettere di viaggiare.
Quindi, una volta che abbiamo chiara la nostra meta, non pensiamoci con ossessione, ma pensiamo al percorso, e mentre lo attraversiamo godiamocelo. L’arrivo sarà solo la naturale conseguenza, senza accorgercene, di tutto questo.
L’Unione Giovani Ebrei d’Italia (UGEI) è un’organizzazione ebraica italiana. Essa rappresenta tutti gli ebrei italiani di età compresa tra i 18 e i 35 anni. L’organo ufficiale di stampa UGEI è HaTikwa: un giornale aperto al confronto di idee.