La libertà dell’occidente si difende dal Golan

ISRAEL-SYRIA-CONFLICT-GOLAN HEIGHTS-HOSPITAL

 

HaTikwà (R.Mieli) – La disputa che circonda la sovranità israeliana sul Golan inizia ad assumere tratti ridicoli che si manifestano nella negazione della realtà da parte delle maggiori istituzioni internazionali. Lo sconvolgimento provocato dal riconoscimento della sovranità israeliana sul Golan ha suscitato clamore e sdegno nelle grandi sedi internazionali, apparentemente senza una vera ragione. Nonostante Israele sia ormai abituata all’allontanamento dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite dalla causa israelo-americana, stupisce sempre di più il distacco di quest’ultime dalla realtà, e quindi la dimostrazione netta e inequivocabile di non voler avere alcun ruolo nella risoluzione del conflitto (se così possiamo ancora chiamarlo) arabo-israeliano. Il primo dato lampante è proprio questo, ovvero l’incapacità di assimilare una realtà che è già tale, manifestando non già la contrarietà alla stessa, bensì negandola.

La realtà è che le alture del Golan sono Israeliane dal 1967, quando – a seguito di una guerra di aggressione – Israele le ha militarmente conquistate. Le norme comunemente accettate di diritto internazionale dei conflitti prevedono, dato a cui si appellano diversi sostenitori della (ex) causa siriana, che un territorio conquistato a seguito di una guerra di aggressione venga restituito a seguito di un accordo di pace. Ciononostante, questa fattispecie non si è mai verificata, venendo a mancare inequivocabilmente le due caratteristiche principali che renderebbero effettivamente illegale l’annessione israeliana del Golan: 1) Israele non ha aggredito, ma è stato aggredito, 2) non c’è stato alcun accordo di pace negoziato tra le parti che riguardasse il Golan. In tale circostanza, dunque, la votazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite richiesto con urgenza dalla Siria e che ha votato contro il riconoscimento americano della sovranità israeliana sulle alture del Golan, è stato un chiaro spreco di tempo e risorse. Come prevedibile, l’Alto rappresentante per gli Affari Esteri Federica Mogherini si è affrettata a ribadire come l’Unione Europea consideri il Golan un territorio illegalmente occupato. Eppure, non è stata capace di fornire alcun argomento in difesa di una qualsiasi soluzione alternativa, giacché, in effetti, non è mai esistita alcuna proposta alternativa proveniente dal contendente siriano. Nessun paese al mondo, in nessuna circostanza e per nessuna motivazione, ha mai restituito un territorio strategico essenziale conquistato dopo essere stato militarmente aggredito da uno Stato vicino.

Non solo: la risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, quella a cui si appellano – credendosi erroneamente nel giusto – coloro che sognano il ritiro di Israele dal Golan, prevede che, a seguito di un accordo tra le parti, Israele si ritiri solo da una porzione delle Alture, non dall’intera zona. Questa circostanza si è già verificata nel maggio del 1974, quando Israele abbandonò una significativa porzione di territorio conquistato, compresa l’importanza città di Quneitra, restituendola alla Siria. Oltre, quindi, all’adempienza di Israele a delle ingiustificate imposizioni del sistema internazionale, negli anni novanta lo Stato Ebraico tentò di siglare con la Siria degli accordi di pace che prevedessero la cessione di ulteriori porzioni di territorio, accordi sistematicamente rifiutati dalla Siria stessa. Era la Conferenza di Madrid. La presa in giro non finisce qua: le alture del Golan non presentano una significativa presenza di siriani che vorrebbero ricollegarsi alla Madre Patria: il territorio è abitato prevalentemente da Drusi, ben felici di essere parte integrante del “leggermente più libero, ricco e stabile” stato di Israele. A differenza, quindi, di quanto si potrebbe affermare per la Cisgiordania, nessun abitante delle Alture ha alcuna intenzione di finire sotto il sanguinario regime di Assad e non ci sono rivendicazioni in tal senso. Perché ne stiamo ancora parlando, dunque? La questione del Golan tratta semplicemente un vantaggio militare, al momento estremamente desiderato dall’Iran – che da mesi ormai ha costruito un corridoio di armi e milizie fino al mediterraneo, e che da altrettanti mesi punta a conquistare il Golan. Ecco spiegata la posizione di alcuni Paesi parte dell’Unione Europea e del Consiglio di Sicurezza Onu: l’incapacità di aver osservare e comprendere le manovre dell’Iran, e dei suoi proxy nell’area (primo su tutti Hezbollah) in Siria.

Eppure, la strategia dell’Iran in Siria non è nata ieri, si è sviluppata nel corso degli ultimi cinque anni con buona pace dei grandi colossi internazionali appoggiati da otto anni di era-Obama. Nel 2014 il portale iraniano  Jomhouri Eslami enunciò – per chi non avesse compreso la gravità della cecità euratlantica – la nascita della nuova divisione siriana di Hezbollah e l’apertura di un fronte anti-israeliano proprio ai confini del Golan stesso. A prescindere dal riconoscimento di Donald Trump (un segnale forte ma che non cambia la realtà), Israele in nessuna circostanza, per nessun motivo, e sotto alcun governo (neanche il più progressista, filosiriano o autodistruttivo che sia) abbandonerà la Alture del Golan. Il motivo di questa affermazione forte è che, al momento, il pericolo maggiore per Israele viene dalla presenza iraniana in Siria, dal rischio che questo rappresenta e soprattutto dall’incapacità siriana (anche se domattina Assad si svegliasse “amico di Israele”) di governare i propri confini in piena autonomia dagli Ayatollah.


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