La diplomazia dell’acqua
Il 26 febbraio scorso Israele e Giordania hanno firmato un progetto, sponsorizzato dalla Banca Mondiale, per la costruzione di un impianto di desalinizzazione a Aqaba, sul Mar Rosso a pochi chilometri da Eilat. Si prevede che i lavori vengano terminati nel 2018, e che la centrale sarà in grado di produrre oltre 80 milioni di metri cubi di acqua all’anno.
Nel 2007 Israele, con la creazione di una specifica “Autorità delle acque”, ha iniziato una grande opera di desalinizzazione delle acque marine e recupero di quelle dolci. Gli anni precedenti erano stati caratterizzati da una forte siccità che aveva reso quella dell’acqua una autentica emergenza. Oggi, dopo appena 8 anni, l’acqua è ancora una risorsa preziosa ma non è più un problema. E per un Paese coperto per il 50% da deserto e con una ulteriore porzione di territorio arida non è un traguardo da poco.
L’obiettivo è stato raggiunto in primo luogo grazie alla rapida costruzione di numerose strutture per la desalinizzazione. Il solo impianto di Soreq, varato nel 2013 a pochi chilometri da Tel Aviv, soddisfa il fabbisogno idrico del 20% degli israeliani. Non a caso, durante il conflitto dell’estate scorsa, Hamas ha cercato di colpire alcuni impianti con i suoi missili, ma senza risultati significativi.
Nello stesso tempo, il “miracolo dell’acqua” è stato reso possibile anche dal riutilizzo dell’86 % delle acque (si tratta di gran lunga della più alta percentuale al mondo), dalla compressione al minimo delle perdite (ridotte del 18% dal 2007) e dall’utilizzo diffuso dell’irrigazione a goccia in agricoltura.
La Giordania, invece, deve affrontare oggi un’emergenza idrica. In questo senso, la tecnologia e il know-how di cui Israele dispone possono diventare strumenti della diplomazia. Come già accade, se pensiamo al progetto di Aqaba, una vera fabbrica di “oro blu” che fa gola all’assetato regime hashemita. L’accordo prevede la divisione a metà dell’acqua desalinizzata prodotta; inoltre la Giordania riceverà 50 milioni di metri cubi di acqua dolce in più rispetto alla quota stabilita nel 1994, al tempo dell’accordo di pace, dalla più grande riserva naturale di acqua dolce in Israele, il Lago di Tiberiade. Israele destinerà una parte della sua porzione ai territori amministrati dalla Anp.
Una seconda emergenza che l’accordo intende affrontare è il calo repentino, negli ultimi anni, delle acque del Mar Morto. Il “mare di sale” si contrae di oltre un metro all’anno, con il rischio a breve termine che salti l’intero ecosistema. Per contrastare la minaccia, Israele e Giordania hanno pensato alla realizzazione di un imponente canale idrico che colleghi il Mar Rosso al Mar Morto. Nelle gigantesche condutture che copriranno i 180 chilometri che separano i due mari verrà immesso lo scarto della desalinizzazione dell’impianto di Aqaba, una soluzione a forte concentrazione salina che non dovrebbe alterare la natura di uno dei luoghi più suggestivi del Pianeta.
Giorgio Berruto
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