1 Ottobre 20144min

Kippur

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Al tramonto di Venerdì 3 ottobre, 10 giorni dopo Rosh Ha Shana (il capo d’anno), il popolo ebraico celebrerà il solenne giorno del Kippur.

Come riporta anche la descrizione della ricorrenza tratta dal sito UCEI, Kippur “E’ un giorno di digiuno totale, in cui ci si astiene dal mangiare, dal bere e da qualsiasi lavoro o divertimento e ci si dedica solo al raccoglimento e alla preghiera”.

Oltre quindi ad essere una giornata di digiuno (proibita anche l’acqua), è una giornata che, seguendo le restrizioni della ricorrenza, tiene lontani da qualsiasi contatto con il mondo lavorativo, con i soldi e da qualsiasi contatto con i moderni apparecchi di comunicazione (cellulare, computer o tv).

Oggi invece viviamo in un mondo che ci spinge ad essere sempre aggiornati, portando apparecchiature sempre collegate con noi in ogni luogo. Ci sentiamo spaesati e completamente disinformati se non controlliamo gli aggiornamenti sui social network. Perdere qualche ora di lavoro, o almeno qualche ora per tenersi informati, sembra qualcosa di ormai completamente superato. Ci è richiesto di essere sempre attivi, e sempre raggiungibili, mai in pausa.

Insieme ai comportamenti prescritti per lo Shabat (simili, ma con la grande differenza del digiuno), non è forse un comportamento completamente anacronistico e poco adatto allo stile di vita di oggi?

La mia risposta è quella invece di decidere di attenermi a queste restrizioni scrupolosamente, decidendo di staccarmi dal mondo rapido e continuamente aggiornato in cui mi piace vivere il resto dell’anno, e prendermi, almeno per 26 ore all’anno, una lunga pausa di riflessione interna e di introspezione.

Proprio perchè il mondo moderno non ci permette di “scollegarci”, è invece un grande aiuto quello di fermarsi.

Credo infatti che questi precetti aiutino ancora oggi a far entrare l’uomo in uno stato psicofisico necessario, almeno una volta durante l’anno, per riflettere veramente a fondo e capire su quale strada ci troviamo.

Dobbiamo sicuramente continuare a guardare avanti, come singoli e come popolo, ma non dobbiamo scordarci di prenderci una pausa per riflettere. Fermarci per guardarci indietro, e per guardare dentro di noi, è indispensabile.

Potrei aggiungere che porsi dei limiti come questi, votati alla riflessione e all’analisi di quello che abbiamo fatto, è un’elemento importante che aiuta l’uomo a distinguersi dagli animali, che agiscono semplicemente seguendo i propri istinti, senza limitazioni.

Anche se dovessimo pensare di essere nel pieno della ragione, è sempre necessario trovare qualcosa in cui migliorarsi. Infatti, ciò che ci tiene in movimento, è la volontà di porsi sempre obbiettivi distanti.

Ed è proprio per andare avanti nella giusta direzione, che ogni tanto è necessario fermarsi completamente, anche se solo per 26 ore.

Hatimà Tovà

Daniele Di Nepi

 

Twitter @danieledinepi


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