Israele: l’unione fa la forza (speriamo)

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di Luca Clementi

 

Una crisi di Governo durata oltre un anno si è conclusa con una trattativa quasi impossibile, che ha portato a una larghissima intesa tra il Likud di Benjamin Netanyahu e Blu e Bianco di Benny Gantz. I due hanno concordato per un esecutivo di 36 ministri (il numero più alto nella storia dello Stato), inserendo nell’organigramma, tra gli altri, persino alcuni laburisti. Tutto ciò nel mezzo dell’emergenza Covid-19, durante la quale Israele si è distinta agli occhi del mondo per la propria avanguardia tecnologica in campo medico, mostrandosi come uno dei paesi più prossimi alla scoperta del vaccino, grazie all’isolamento di un anticorpo risalente a qualche settimana fa.

È tutto? Magari. Altrimenti non sarebbe Israele: contestualmente alla creazione del governo Gantz-Netanyahu c’è l’apertura al progetto di annessione della Cisgiordania, appoggiato dagli Stati Uniti e bersagliato di critiche da mezzo mondo, partendo dal presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Abu Mazen, che promette la rottura della pace, e passando per l’ONU e L’UE, che minacciano un non riconoscimento.

Tutto qui? Macché. Altrimenti non sarebbe Israele: è stata aperta un’inchiesta per l’omicidio dell’Ambasciatore cinese in Israele Du Wei, trovato morto nella sua residenza il giorno del giuramento del nuovo Governo. Si sospetta la collaborazione tra lo Stato ebraico e gli USA, presumibilmente sancita dalla recente visita istituzionale del Segretario statunitense Mike Pompeo. Durante quest’ultima, sarebbero stati palesati dei recenti dissapori tra gli Stati Uniti e la Cina per quanto riguarda la gestione dell’emergenza virale.

L’ipotesi è stata al momento smentita dai referti del Pronto Soccorso israeliano, che ha parlato di infarto e del fatto che sul corpo di Wei non è palesabile alcun segno di violenza.

È evidente il crocevia di fronte al quale si trova lo Stato d’Israele. Per affrontarlo, occorrono una solida maggioranza parlamentare e un esecutivo che, nonostante le difficoltà, pare aver trovato un suo equilibrio. Le contraddizioni che da sempre caratterizzano il mondo ebraico si palesano anche oggi che c’è uno stato di riferimento.

Ma c’è un ma, costituito dal secondo leitmotiv della storia, che consiste nella capacità costante di unirsi nella difficoltà per affrontare il pericolo che viene dall’esterno.

Gantz e Netanyahu sono uomini di grande esperienza e spessore politico. Il senso di responsabilità e devozione nei confronti del proprio paese e del proprio popolo lasciano presumere la capacità di venir meno ai conflitti in essere, nel nome di una ritrovata stabilità. Come stampa ebraica non possiamo che auspicare altrettanto.


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