«Chi uccide in nome di un’entità straniera non può essere parte della nostra società» – Intervista alla parlamentare dell’opposizione Sharren Haskel

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Negli ultimi anni, una delle figure emergenti nel panorama politico israeliano è stata senza dubbio Sharren Haskel. Membro della Knesset dal 2015, è stata eletta alle scorse elezioni nelle fila del partito HaMaḥane HaMamlakhti, che fa parte dell’Opposizione.

Nata a Toronto nel 1984, all’età di 18 anni si è arruolata come volontaria nel Magav, la polizia di frontiera israeliana, prestando servizio come soldato combattente durante il periodo della Seconda Intifada, nel 2002. “Sentivo di poter fare la differenza, così ho deciso di far parte di un’unità speciale”, racconta la parlamentare israeliana. Finito il periodo di leva, Haskel si è trasferita in Australia, dove ha vissuto sette anni. Ha deciso di tornare in Israele dopo aver capito quanto fosse forte “il rapporto con il mio popolo e cosa significasse per me e per la mia famiglia poter vivere in un paese dove possiamo essere noi stessi”.

Una volta tornata a casa, ha mosso i primi passi nel complesso mondo della politica israeliana. Prima nel Likud, dove è diventata la più giovane parlamentare del partito e la seconda di tutta la 20esima Knesset, e successivamente con Tikvà Hadasha di Gideon Sa’ar, al quale ha aderito immediatamente, mossa dalla necessità di far parte di uno schieramento conservatore alternativo a quello guidato da Benjamin Netanyahu.

Sharren Haskel ha parlato in esclusiva per HaTikwa della sua carriera politica e dei temi più caldi attualmente in Israele: la riforma giudiziaria del ministro Yariv Levin e la sua proposta di legge in risposta alla recente ondata di attentati.

 

Come è iniziato il suo viaggio nel mondo della politica?

È iniziato tutto durante i miei studi qui in Israele, dopo aver passato sette anni in Australia. Prima di allora, però, non ho avuto molto a che fare con la politica. Ho aderito ad alcuni gruppi che erano molto attivi allora, e ho iniziato lentamente un po’ di attivismo politico.

Successivamente mi sono unita al Likud, dove insieme ad altri giovani ho fatto dimostrazioni sul costo della vita. Tempo dopo, in occasione delle elezioni municipali, la sezione di Kfar Saba del Likud mi ha chiesto di correre con loro. All’inizio ero riluttante, non avevo alcuna esperienza e non ero sicura che facesse per me. Ma una volta che ho iniziato, ho compreso come la politica sia uno strumento incredibile per aiutare le persone e cambiare il Paese.

Un anno e mezzo dopo, ho deciso di candidarmi alle primarie del Likud, che ho superato grazie al supporto di tutti quei gruppi con cui sono stata molto attiva negli ultimi tre anni. Successivamente, sono diventata un membro della Knesset.

 

La seconda più giovane di tutto il parlamento israeliano e la più giovane del tuo partito…

Esatto! E proprio in quel momento ho capito che se noi, le giovani generazioni, non ci alzeremo e combatteremo per ciò in cui crediamo e per i cambiamenti che vogliamo vedere, nessuno lo farà per noi.

 

Due anni fa è passata dal Likud a Tikvà Hadashà. Che cosa l’ha spinta a lasciare il partito che l’ha lanciata?

È stato molto impegnativo per me, perché ho a cuore i valori del Likud: essere sionista, comprendere la sicurezza di Israele e le sue esigenze, ma anche le libertà individuali ed economiche, ridurre la burocrazia e lottare per il libero mercato. E soprattutto la missione più importante, che è difendere Israele, il rifugio per il popolo ebraico.

Tuttavia, negli ultimi due anni ho visto il Likud sempre più seguire le persone invece che credere in quei valori. Perciò ho pensato che l’unico modo per far uscire Israele dalla crisi politica che sta vivendo ancora oggi fosse dare un’alternativa di Destra al Likud. Così ho deciso prima di sostenere Gideon Sa’ar per la leadership del partito, che ha perso, e successivamente di unirmi a lui per formare il nuovo partito Tikvà Hadashà.

 

Si immagina un suo ritorno nel Likud in futuro?

Al momento no, non riesco a immaginarlo. Questo corso che il Likud sta prendendo, dove l’interesse personale e quello di una sola persona vengono prima di qualsiasi tipo di ideologia e valore, non è il mio modo di essere. Io metterò sempre al primo posto i valori e l’interesse pubblico rispetto a quello personale. Israele è molto più grande di ognuno di noi, e dobbiamo proteggerlo e difenderlo per le prossime generazioni, per i nostri figli e per i nostri nipoti. Dopo tutto ciò che i nostri antenati hanno passato, non possiamo distruggere il nostro rifugio, il nostro Paese speciale. Non in nome di una persona o di un interesse personale.

 

Parliamo di attualità. Cosa pensa delle manifestazioni delle ultime settimane?

Sono davvero preoccupata, come la maggior parte dei cittadini israeliani. Netanyahu ha ricevuto un mandato per governare, ma ciò che sembra stia cercando di fare questo Governo è di agire mossi dall’interesse personale piuttosto che dagli interessi del Paese.

Per quanto ci sia bisogno di una riforma nel sistema giudiziario israeliano, pare che stiano tentando di eliminare il controllo e il bilanciamento reciproco tra i poteri, così da dare molto più potere al primo ministro, che potrà di fatto controllare anche il sistema giudiziario, oltre che quello esecutivo e indirettamente anche la Knesset.

Avere tutti i poteri di un paese nelle mani di un Primo Ministro, a prescindere da chi sia quest’ultimo, è qualcosa che preoccupa e dovrebbe preoccupare tutti i cittadini israeliani.

 

Ma questa riforma è veramente una minaccia alla democrazia israeliana?

Israele rimarrà sempre una democrazia. Anzi, credo che se questa coalizione si spinge troppo oltre, perderà le prossime elezioni. E purtroppo il nuovo Governo sarà estremo come quello attuale e farà l’esatto opposto.

La riforma serve, ma non in questo modo. Dare tutto questo potere a un Primo Ministro può diventare una minaccia per la democrazia. Personalmente, credo che questa non sia la vera intenzione di Netanyahu: penso sia mosso dall’interesse personale a causa dei problemi legali che sta affrontando al momento. Spero davvero che non sia così.

 

C’è un pericolo però?

Al momento sì. Per questo faremo tutto il possibile per assicurarci che si arrivi a una riforma più equilibrata.

 

Cosa c’è da riformare nell’attuale sistema giudiziario?

Ci sono problemi legati alle sentenze, alla trasparenza, e riguardo a ciò il Ministro della Giustizia dello scorso Governo (Gideon Sa’ar, ndr) ha approvato l’istituzione di un comitato per l’elezione dei giudici. Tuttavia, ci sono cambiamenti che dobbiamo fare per migliorare il sistema giudiziario. Ma c’è una differenza tra cercare di migliorarlo e prenderne il controllo. Lo abbiamo detto anche a Netanyahu: siamo d’accordo a fare la riforma, ma c’è bisogno di discuterne e raggiungere un accordo il più ampio possibile”.

 

In concomitanza con il repentino aumento degli attacchi terroristici in Israele, nei giorni scorsi è passata in prima lettura alla Knesset la sua proposta di legge per negare la cittadinanza ai terroristi e a coloro che ricevono soldi dall’Autorità Palestinese. Ce la può spiegare?

A chi uccide civili innocenti e semina il terrore l’Autorità Palestinese paga uno stipendio. Questi terroristi, che vengono pagati per commettere omicidi e terrorizzare il nostro Paese, vengono considerati dalla stessa Autorità come cittadini e soldati in cattività.

Chi commette questo tipo di crimini non dovrebbe rimanere cittadino dello Stato d’Israele. Piuttosto, dovrebbero diventare cittadini di quell’Autorità per cui stanno combattendo.

Chi semina il terrore e viene pagato da un’entità straniera per farlo tradisce il proprio paese. Per questo credo sia giusto che queste persone rinuncino alla loro cittadinanza e diventino cittadini palestinesi come desiderano.

 

Quali sono le sue ambizioni per i prossimi anni?

Essere in grado di portare stabilità e sicurezza per il mio Paese e per il mio popolo. Difendere loro e i loro diritti in qualsiasi posizione ricoprirò.

 

Che Israele si immagina per le sue figlie?

Voglio che le mie figlie crescano in un paese dove i loro diritti individuali siano protetti e difesi. Un paese dove possano avere le stesse opportunità di chiunque altro. Voglio dare loro una patria sicura in cui vivere e crescere e, soprattutto, apprezzare ed amare il nostro patrimonio e la nostra storia.

 

Photo credit: נועם מושקוביץ | דוברות הכנסת

 


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