Il volontariato nell’Ebraismo

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HaTikwà (A.T.) – Da sempre in ogni posto del mondo ci sono ebrei disposti a sacrificare tempo e denaro per dedicarlo alla loro comunità sotto forma di volontariato. E’ lo spirito con cui tanti vengono cresciuti. Solitamente è una questione ereditaria: i genitori possono trasmetterti tante cose, tra le quali, cultura, morale e valori. La dedizione e la passione che ogni ebreo investe nel volontariato è il risultato degli insegnamenti assorbiti dalla famiglia e dalle vecchie generazioni.

Nonostante la natura dell’itnavdut, ci sono, per fortuna, anche delle eccezioni piacevoli e sorprendenti di ebrei volti al volontariato spontaneamente, senza alcuna influenza familiare o esterna. Questo, in prospettiva futura, ovvero la nascita di un nuovo ciclo di famiglie con mentalità da volontari, non può che riempirci il cuore di gioia. Non c’è felicità più grande della consapevolezza di essere d’aiuto al prossimo, facendo risparmiare dal bilancio comunitario una bella fetta di denaro, potendolo impiegare per altre necessità. Siamo giovani, uomini e donne impegnati mensilmente, settimanalmente o su chiamata, dal giorno alla notte, al servizio di qualsiasi istituzione ebraica. Ho visto amici partire da Roma di notte per andare a seppellire uomini e donne ebree in tutta Italia in accordo con l’halakhà; il giorno della morte dell’ex Capo Rabbino Toaff, ho visto uomini partire per Livorno, lasciare lavoro e famiglia per quasi 24 ore per onorare la Sua memoria.

Ho visto correligionari con disponibilità economica ristrutturare il giardino dell’asilo rendendolo un ambiente sicuro e felice; ho visto con i miei occhi genitori che non hanno mai dato Berachot ai figli durante i Moadim e figli che non ne hanno mai ricevute; ho visto medici ebrei lasciare il proprio lavoro per dedicarsi alla cura di altri correligionari; ho visto ragazzi salvare pezzi pregiati del Museo Ebraico di Roma durante una giornata dove il fiume Tevere faceva paura sul serio. Neve, pioggia, vento o sole, non c’è alcuna differenza: i volontari sono lì. Tutto questo è un patrimonio prezioso che dovrebbe essere salvaguardato con mille attenzioni e ringraziamenti affinché le prossime generazioni possano beneficiare della presenza di questi angeli. Ringrazio di cuore chi continuamente e costantemente dedica alle Comunità del tempo in maniera volontaria togliendolo dal proprio lavoro e dalla propria famiglia.

Nel lontano ’95, avevo solo 6 anni, vidi mio padre sparire da casa per una giornata e solamente al suo ritorno mi spiegò che lui e suoi amici erano partiti da Roma per Jesi, con lo scopo di supportare un giocatore di basket di religione ebraica che aveva subito, nel girone di andata, insulti antisemiti. Mi fece sentire orgoglioso di essere ebreo. Il giorno dopo andai a scuola con la stessa maglietta con cui mio papà era andato lì: aveva un Maghen David celeste stampato sopra, mi arrivava alle ginocchia, ma quel giorno capii che era nato qualcosa dentro di me.


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L’Unione Giovani Ebrei d’Italia coordina ed unisce le associazioni giovanili ebraiche ed i giovani ebrei che ad essa aderiscono.


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