Il ricordo di Daniel Schinasi, padre del Neofuturismo
di Susanna Winkler
Lo scorso 12 aprile è venuto a mancare il pittore Daniel Schinasi. Nato ad Alessandria d’Egitto nel 1933 da una famiglia sefardita di origini livornesi, fu costretto a lasciare la sua città natale a soli 24 anni. Si trasferì a Venezia, con ventiquattro dollari (non si poteva portare di più) e due valigie, di cui perse però quella più preziosa: al suo interno infatti, si trovavano i disegni che aveva realizzato durante gli anni in Egitto. Tornò a dedicarsi all’arte nella sua permanenza a Livorno come impiegato alla Piaggio, quando faceva il pendolare e prendeva il treno Antignano-Pontedera, disegnando nelle sale d’aspetto e nei bar.
A vent’anni gli fu detto «tu non sarai mai un pittore», ma studiando da autodidatta i maestri dell’Impressionismo e del Rinascimento diventò l’ideatore del Neofuturismo: una corrente artistica distinta dal Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti, nato anch’egli ad Alessandria d’Egitto. L’obiettivo dei Futuristi era il progresso, raggiunto attraverso la velocità: è solo il concetto di dinamica che Schinasi riprende nell’ideare il suo movimento artistico. Riesce a esprimerla non solo includendo nei suoi dipinti i cavalli, simboli del movimento, ma anche ritraendo ballerine e personalità della musica e dello sport, tra cui il ciclista Fausto Coppi e il velocista Pietro Mennea. Il suo reale obiettivo era quello di riportare in primo piano l’uomo dal mondo della tecnologia, che invece risultava dominante nei dipinti e nelle idee dei futuristi.
Durante la sua carriera, si dedicò anche all’attività di muralista: nella stazione di Pisa si possono ammirare La battaglia di Mallorca, che ricorda un’operazione militare avvenuta durante la guerra civile spagnola, e l’Omaggio a Galileo Galilei, alle arti, alla tecnica e al lavoro nei campi. Sempre nella città toscana conobbe il Professor Vincenzo Marotta, studioso dell’arte che apprezzava il suo lavoro e lo seguì in quasi tutte le mostre redigendo testi sul Neofuturismo, il cui Manifesto fu steso nel 1969.
Molte tra le sue opere sono influenzate dalla tradizione ebraica a cui era molto legato: «essere ebreo per lui è riaffermazione consapevole della propria serietà religiosa, della propria appartenenza storica ad un popolo che lotta per la propria libertà e il proprio avvenire; per lui significa essere uomo accanto agli altri uomini, portatore di civiltà universale» (Marotta). Nel murale realizzato nella stazione ferroviaria di Cecina, nel 1987, Il treno testimone delle vicende umane, sono raffigurate molte personalità note del mondo ebraico contemporaneo. Tra questi, Schinasi enfatizza l’abbraccio tra il Rabbino Capo di Roma Elio Toaff (1915 – 2015), anch’egli livornese, e Papa Giovanni Paolo II, durante lo storico incontro avvenuto al Tempio Maggiore di Roma il 13 aprile 1986.
Cittadino del mondo, risiedeva a Nizza da molti anni, ma ha vissuto in Egitto, Italia, Svizzera, Francia e ha lavorato anche in Spagna e in Israele; nel corso della sua carriera artistica ha conosciuto colleghi del calibro di Gino Severini e Sonia Delaunay.
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