Il manuale della disinformazione contro Israele

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media_biasE’ stato sovente fatto notare che la disinformazione che colpisce Israele sui media italiani ed europei è pervasiva e influenza largamente una opinione pubblica che per lo più fraintende i motivi del conflitto, quando non è apertamente ostile agli ebrei vivi che difendono se stessi in una minuscola porzione di Medio Oriente. Sui morti di solito c’è una maggiore, sinistra elasticità, ma anche in questo caso non è affatto detto.

Quello che mi sembra significativo è che la disinformazione contro Israele e i suoi cittadini è quotidiana e sistematica. E’ anche un discorso autoreferenziale, ma date le dimensioni che ha assunto nell’epoca bulimica della comunicazione digitale si impone spesso e volentieri come “il” discorso su Israele. Le parti sono assegnate, les jeux sont faits, rien ne va plus. Voglio sostanziare questa riflessione con un esempio emblematico: uno di quelli in cui ci si imbatte tutti i giorni sfogliando i quotidiani o accendendo la televisione. Si tratta di una breve non firmata pubblicata da “Avvenire” il 3 marzo scorso con il titolo “Cisgiordania, assalto alla colonia: morti due palestinesi” (p. 12):

“Due adolescenti palestinesi sono stati uccisi l’altro ieri all’alba all’interno della colonia di Eli, a sud di Nablus (Cisgiordania): avevano tentato di accoltellare un israeliano – un soldato della riserva – all’interno dell’insediamento. I due aggressori avevano 17enni [sic!] ed erano residenti nel vicino villaggio di Qaryot. In serata, un altro tentato accoltellamento nell’insediamento di Har Bracha (Nablus): i due assalitori palestinesi sono riusciti a fuggire”.

media-hamasScusate se insisto: queste righe sono state pubblicate da “Avvenire”, testata autorevole che si professa “di ispirazione cattolica” e che di fatto dipende dalla Conferenza Episcopale Italiana; non contengono specifiche falsità, ma il motivo è davvero poco nobile: è l’insieme a essere falso.

1) La dinamica dei fatti è rovesciata, e con essa il nesso causa-effetto: prima viene descritta l’uccisione dei due palestinesi, soltanto successivamente leggiamo che “avevano tentato di accoltellare un israeliano”. E’ del tutto evidente che l’ordine in cui i fatti sono riportati non corrisponde alla sequenza con cui si sono verificati, e lo è ancora di più che questo è funzionale a un rovesciamento di responsabilità.

2) I palestinesi di cui vengono raccontate le imprese sono terroristi. Perché allora non vengono mai definiti come tali? Eppure non dovrebbero esserci dubbi: sono penetrati con coltelli e spranghe in un centro abitato con la chiara intenzione di uccidere.

3) Il compilatore della breve, più che interessarsi a quello che i due hanno compiuto, insiste sulla loro età, definendoli prima “adolescenti” e poi, per fugare ogni dubbio, dandone gli estremi anagrafici. L’ovvia conseguenza di questa insopportabile retorica è suscitare con essi – non vittime ma carnefici – l’immedesimazione del lettore.

media-spoonfeeding-cartoon-300x1804) La vicenda si svolge in una regione che rientra in quei territori che, dal punto di vista giuridico, risultano non “occupati”, bensì “contesi”. I “due adolescenti palestinesi”, però, provenivano da un “villaggio”, mentre gli israeliani risiedevano in una “colonia” (una occorrenza nel testo e una nel titolo) e in un “insediamento” (due occorrenze, ad abundantiam). Non si tratta, qui, di schierarsi a favore o contro l’opportunità di una presenza ebraica in West Bank – personalmente guardo con grande preoccupazione a un simile stato di cose. Si tratta, invece, di riflettere sul senso delle due misure impiegate: da una parte un villaggio, quintessenza di semplicità e vita conforme alla natura, dall’altra colonie e insediamenti, che alludono a una occupazione, a un non-diritto, a una violenza sul corso naturale della vita e degli eventi, ma anche, in modo sinistro, al campo semantico della biologia.

5) Sono i terroristi gli indiscussi protagonisti del resoconto: non a caso costituiscono il soggetto di tutte le frasi che lo compongono. Nel secondo caso riportato non si fa neppure menzione delle vittime israeliane, ma solo di un anonimo “accoltellamento”. Anonimo, dunque anche senza responsabili.

6) L’unico israeliano citato è definito “un soldato della riserva”: una informazione di per sé non mendace perché tutti gli israeliani, una volta terminato il servizio militare, entrano nella riserva; ma faziosa, perché l’uomo è stato aggredito a casa propria in veste di civile, non di soldato.

7) Il non detto, infine, è un pozzo buio di cui non si vede il fondo. Chi ha composto l’articolo, per esempio, avrebbe potuto scrivere che i due terroristi sono penetrati nell’abitazione di Roy Harel – questo il nome dell’israeliano ferito – che è riuscito a respingerli, evitando così che facessero strage della moglie e dei cinque figli. E’ stata la donna a telefonare alle forze di sicurezza, che sono intervenute rapidamente e, dopo essere state aggredite a propria volta dai due palestinesi, per fermarli li hanno uccisi.

Giorgio Berruto ha studiato filosofia a Pavia. Vive e lavora a Torino
Giorgio Berruto ha studiato filosofia a Pavia. Vive e lavora a Torino


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