Il difficile dilemma dell’elettore ebreo cileno
Il Cile ha appena eletto il presidente Gabriel Boric, leader della coalizione di sinistra Apruebo Libertad, nata principalmente dall’unione tra Partido Comunista e Convergencia Social.
Eletto a soli 35 anni, il più giovane della storia, si propone come l’uomo che porterà definitivamente fuori il paese dal periodo Pinochet. La visione progressista, femminista, ecologista e socialdemocratica della coalizione ha fatto breccia nella popolazione cilena, comportando un’affluenza senza precedenti (più del 50%) e una vittoria schiacciante nel ballottaggio contro il candidato dell’estrema destra José Antonio Kast, ottenendo oltre il 55% dei consensi.
Di contro l’ultraconservatore e neoliberista Kast, figlio di un ufficiale della Wehrmacht e fratello di un ministro della dittatura militare, è noto per le posizioni radicali sull’immigrazione, sulla sicurezza e sui diritti LGBT. Si propone come sostenitore di Pinochet, tanto da essere favorevole all’amnistia per i militari condannati per torture o omicidi commessi durante il Régimen Militar.
Dov’è il dilemma? L’elezione di Boric si deve anche al supporto di membri della comunità palestinese locale, la quale conta 400.000 componenti, la più grande al mondo al di fuori del Medio Oriente.
Nel 2019, la Comunità ebraica cilena mandò una vasetto di miele a dei politici in occasione di Rosh HaShanà. Boric pubblicò il fatto su Twitter, dicendo: “La comunità ebraica cilena ha mandato un vasetto di miele… affermando la loro dedizione ad una società più inclusiva, solidale e rispettosa. Apprezzo il gesto, ma potrebbero iniziare richiedendo ad Israele di restituire ai palestinesi i territori illegalmente occupati”.
Organo ufficiale di stampa dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia. Fondato nel 1949, dal 2010 è una testata online e inserto mensile di Pagine Ebraiche.