Intervista a Madame Falafel: “Il cibo di voi giovani è bello, ma è meno buono di quello delle vostre nonne”
di David Zebuloni
Se mai mi avessero detto che l’ingrediente più importante in cucina è la simpatia, non ci avrei proprio creduto. Questo tuttavia è il segreto di Ruhama, meglio soprannominata Madame Falafel, che alla soglia degli ottant’anni conquista il palato e il cuore degli israeliani con la sua semplicità disarmante e il suo umorismo pungente da nonna un po’ pettegola. Sì, proprio una nonna: la schiena leggermente ricurva, i capelli tinti di rosso fuoco e un paio di occhiali dalle lenti spesse. Il suo provino a MasterChef ha scombussolato il paese più di quanto abbiano fatto due gironi di elezioni parlamentari. E’ andata pressappoco così: Ruhama è entrata nello studio ballando e cantando, poi ha provato a vendere i suoi falafel ai giudici per il costo di venti shekel, infine ha ordinato al cameraman di avvicinarsi per inquadrare la simmetria perfetta della sua pita fatta a mano. Dieci minuti di pura follia che le sono valsi un rating da capogiro. Il suo provino è diventato virale sui social e il suo percorso nella cucina di MasterChef è stato il più seguito e acclamato di tutta l’edizione. Pensavo che il suo successo si limitasse al piccolo schermo, che i pochi attimi di visibilità ottenuti grazie al programma non avessero ripercussioni anche sulla vita reale, quella lontana dalle telecamere, ma mi sbagliavo di grosso. Ho incontrato Ruhama in un bar vicino a casa, e intervistarla è stato quasi impossibile. Ogni manciata di minuti si presentava un fan chiedendole un selfie o complimentandosi con lei per i suoi piatti. Mi riferisco a giovani e vecchi, ammiratori di ogni età che la osservavano estasiati dagli altri tavoli e le scattavano delle fotografie di nascosto. Io osservavo il tutto esterrefatto, lei invece sorseggiava il caffè tranquilla, come se fosse normale per lei ricevere tante attenzioni. Quando pensavo che l’entusiasmo in sala fosse ormai calato, si è presentato un cameriere impacciato e le ha confessato: “Madame Falafel, mia nonna ti adora!”. E la risposta di Ruhama? Pronta e tagliente come uno dei coltelli utilizzati nella cucina di MasterChef, come se tutta quella scena facesse parte di un copione già scritto e imparato a memoria. “Che tesoro che sei, ma tuo nonno invece non mi adora? Sai, sono single io…”. Ottant’anni di pura ironia, ottant’anni di buon cibo e di un grande amore per la vita: ecco, questa è Ruhama.
Madame Falafel, ora che la competizione è finita possiamo parlarne più serenamente. Ti dispiace di aver perso MasterChef?
Non mi dispiace di aver perso, mi dispiace di non aver vinto. Che è ben diverso!
Perché ci tenevi tanto?
MasterChef mi ha riempito di vita le giornate. Io non sono una di quelle vecchie che possono stare a casa a guardare il soffitto. Entrare nel programma mi ha fatto sentire di nuovo giovane, ho imparato un sacco di cose. Era da tempo che non uscivo di casa presto la mattina e tornavo tardi la sera. E poi adesso ho moltissimi nuovi amici giovani.
Cosa pensi che sia andato storto? Perché ti hanno eliminata?
Non lo so nemmeno io, sono cinquant’anni che preparo quella torta alle mele e nessuno me l’aveva mai criticata prima. Il problema è che io cucino a MasterChef come cucino a casa. Non mi piace sprecare ingredienti o utilizzare ingredienti troppo cari. Non mi piace sporcare troppe stoviglie. Non misuro mai lo zucchero o il sale, vado sempre a colpo d’occhio.
Prima hai citato i tuoi nuovi amici giovani riferendoti a loro come se fossero lontani da te anni luce, ma credo che tu sia più simile a loro di quanto pensi. Ti senti appartenere di più al mondo dei giovani o al mondo dei vecchi?
Caratterialmente sono molto più simile a voi giovani, ma ai fornelli cucino come una nonna. I giovani hanno fantasia e creatività, io invece mi baso sulle ricette che già conosco. Se mi dai della carne trita per esempio, io ti preparo delle polpette indimenticabili. Mai i giovani no! I giovani preparano della pasta, la riempiono di carne e ottengono dei ravioli. Credimi, anche se potessi rimpicciolirmi e infilarmi dentro un raviolo, otterresti comunque un falafel e nulla di più.
Ricordo la tua audizione a MasterChef come se fosse ieri, nel paese non si parlava d’altro. Ti sei impadronita dello studio e delle telecamere. Cos’hai provato rivedendoti?
Non riuscivo a smettere di ridere. A malapena riconoscevo quella vecchia matta che imboccava i giudici, che ballava e cantava dietro ai fornelli. Ero fuori di me. Il giorno dopo non potevo uscire di casa, tutto il mondo d’un tratto sembrava essersi ricordato della mia esistenza.
Vuoi dirmi che non ti aspettavi questo successo?
Tuttora non me lo spiego, sono una vecchia come tante altre.
Beh, sei un po’ la nonna che tutti vorrebbero avere.
Una volta l’ho detto ai giudici: “per me siete come dei nipoti tornati da scuola affamati”. I giovani impiattano per ore e alla fine il piatto rimane vuoto. Una fogliolina di prezzemolo qua, una fogliolina di menta là. A me piace servire in pentola, come fanno le nonne.
C’è chi definisce quei piatti vuoti con le foglioline delle “opere d’arte”.
Non me ne parlare, a me fanno proprio arrabbiare. Ti spiego, è come prendere una vecchia signora e metterle in testa un bel nastro. Non ha senso! Il cibo deve essere buono, non bello.
Nello studio di MasterChef hai portato oltre che del buon cibo, anche la tua storia, le tue radici, le tue tradizioni, le tue esperienze di vita.
Ne ho passate tante ragazzo mio.
Raccontami, come sei diventata Madame Falafel?
Sono arrivata a Bruxelles in nave, senza una lira, in cerca di lavoro. Così sono stata assunta da una famiglia ebraica locale come badante. Era il ’63 se non sbaglio. Ricordo quel periodo come un periodo difficile, ma molto felice. Quanta ricchezza che c’era in Belgio, quanta abbondanza, mi sembrava di vivere in un film Hollywoodiano! Nel ’67 ho cominciato a lavorare nel bar di un albergo come cantante e lì ho conosciuto mio marito, mi ha visto esibirmi e si è subito innamorato. Nel ’70 abbiamo aperto insieme un ristorantino di specialità israeliane e l’abbiamo chiamato “Dizengoff”. Tra un falafel e l’altro salivo sul bancone e mi mettevo a ballare e cantare come una matta. Dovevi vedere la faccia dei clienti, tutti europei glaciali ed eleganti: ci rimanevano secchi.
Quindi sono stati loro ad incoronarti la regina dei falafel?
Sì, venivano da tutti gli angoli della città per assaggiarli.
E quando hai deciso di tornare in Israele?
Dopo vent’anni in Belgio mi sono proprio stufata, ho chiuso il ristorante e me ne sono tornata a casa.
E tuo marito?
Mi ero stufata pure di lui, così abbiamo divorziato. Poveretto, pace all’anima sua, è morto ormai.
Toglimi una curiosità, alle telecamere di MasterChef hai detto di essere cugina di Einstein. Mi spieghi come sia possibile? Non mi risulta che Einstein fosse yemenita…
L’ho già spiegato una decina di volte, ma nessuno mi capisce. Non ho mai detto che siamo cugini di sangue. Ascoltami bene, funziona così: la bisnonna di mio cognato e la bisnonna di Einstein sono sorelle. Non è tanto difficile!
Ne sei proprio sicura?
Non ho modo di dimostrarlo, ma giuro che è vero.
Quindi posso dormire tranquillo, Einstein non è yemenita?
No, nemmeno un po’, puoi stare tranquillo. Però fidati, se solo avesse provato le mie specialità yemenite, si sarebbe pentito amaramente di non esserlo.
Ci sono altri VIP in famiglia oltre a te e Einstein?
Sì, certo. Yizhar Cohen, hai presente? Quello che ha vinto l’Eurovision nel ’78 con A-Ba-Ni-Bi. Ecco, lui è mio cugino. Di sangue, per davvero, non come Einstein!
Qual è la tua specialità in cucina Ruhama?
Le mie pitot sono imbattibili, sembrano fatte con la macchina. Entrambi i lati hanno lo stesso identico spessore, la stessa quantità di mollica e la crosta ben dorata.
E cosa si prepara Madame Falafel quando è da sola a casa?
Mangio sempre avanzi, come ti ho detto detesto buttare via il cibo.
Forse avrei dovuto cominciare proprio da questa domanda, ma meglio tardi che mai. Quand’è che hai deciso di iscriverti a MasterChef?
Mica l’ho deciso io, l’hanno deciso i miei nipoti. Mi hanno iscritto al programma di nascosto, senza dire nulla a nessuno. A volte preparo un semplicissimo uovo sodo e loro lo esaltano come se avessi cucinato chissà che cosa. Mi dicono: “nonna, è l’uovo più buono del mondo”.
Nel programma si è parlato spesso del coraggio che hai avuto nell’affrontare questa esperienza considerata l’età avanzata. Agli anziani che ti seguono e che si sentono soli ed abbandonati cosa vuoi dire?
Che è colpa loro! Io la mattina mi vesto ed esco di casa, non importa se sono stanca o se fuori fa caldo. Non ci si può lasciare andare, mai. Ancora adesso, quando non ho nulla da fare, vado a giocare a carte con le mie amiche. Però non mi diverto più come una volta. Un tempo ridevamo di tutto, adesso devo stare seduta ad ascoltare per ore le loro disgrazie. Una che ha il marito in fin di vita, l’altra che è sulla sedia a rotelle, l’altra ancora che le è venuto l’Alzheimer. Non immagini che fatica.
Prima di salutarci vorrei chiederti quali sono i tuoi progetti futuri. Sono sicuro che sentiremo parlare di te ancora a lungo.
Di questo passo forse mi candiderò alle elezioni, tanto qui nessuno riesce a formare un governo. Ad oggi credo che otterrei come minimo dodici mandati.
Non sarebbe una cattiva idea.
Sì, potrebbe funzionare, ma in realtà ho ancora un altro sogno da realizzare.
Credo che ormai nulla potrebbe più stupirmi. Di che si tratta?
Non esserne troppo sicuro! Il mio sogno è diventare una modella. Esistono le modelle per le taglie forti, vero? Ecco, io voglio essere una modella per vestiti da vecchi. Che ne pensi?
Che sei riuscita di nuovo a stupirmi Ruhama…
L’Unione Giovani Ebrei d’Italia (UGEI) è un’organizzazione ebraica italiana. Essa rappresenta tutti gli ebrei italiani di età compresa tra i 18 e i 35 anni. L’organo ufficiale di stampa UGEI è HaTikwa: un giornale aperto al confronto di idee.