25 Aprile 20145min

Il 25 Aprile oggi e i giovani Ebrei italiani

Resistenza

Resistenza

Come ogni anno ci ritroviamo con le nostre Comunità a partecipare alle commemorazioni del 25 Aprile, anniversario della Liberazione d’Italia dal cancro nazifascista. Le solenni celebrazioni si svolgono in quasi tutta Italia con il consueto cerimoniale che prevede quasi sempre la conclusione dell’evento con il discorso di qualche reduce partigiano. Si resta stupiti dalla lucidità nei discorsi di questi uomini sempre più anziani e dalla loro capacità di analizzare la situazione politica attuale nel loro fondamentale compito di promotori della difesa perenne della Costituzione e dell’identità nazionale.

A queste celebrazioni le Comunità ebraiche hanno sempre partecipato col duplice sentimento di gratitudine nei confronti di quegli uomini che per senso del dovere e ferma convinzione antifascista scelsero di salire sui monti o nascondersi nelle campagne nelle brigate partigiane, ma anche di orgoglio nel ricordo di tutti i nostri correligionari che di fronte alle leggi fasciste e all’invasione tedesca decisero di imbracciare il fucile e di unirsi ai partigiani.

Da qui può partire una riflessione molto importante che noi giovani ebrei italiani dobbiamo assolutamente compiere: sarà un caso che con l’invecchiare della generazione dei partigiani, col venir meno del loro numero, assistiamo ad una crescita sempre più preoccupante di forze di estrema destra, spesso antisemite ed in generale razziste e xenofobe? Forse no, ed anzi sicuramente questo fenomeno è concausato anche dalla scomparsa dei testimoni dei campi di concentramento.

Quale allora deve essere il nostro compito di giovani Ebrei in Italia di fronte all’antisemitismo dilagante in tutta Europa e alla perdita dei valori antifascisti nei cuori della gente? La mia personalissima ricetta è quella di uscire, di esporci e di farci vedere. Lasciare ogni tanto la comodità della zona di sicurezza delimitata dalla Comunità e far conoscere ai nostri connazionali cosa sono gli Ebrei, cosa fanno, che cosa pensano e cosa ricordano. Tutto questo rimanendo fermamente convinti della nostra identità ebraica ed evitando l’assimilazione.

È un dato di fatto che anche nelle due città in cui le Comunità Ebraiche hanno più iscritti, la maggior parte della cittadinanza non ha mai conosciuto un Ebreo, li vede di sfuggita magari quando si trova a passeggiare nelle zone in cui vivono, ma non ha forse mai avuto la possibilità di sapere cosa significa quel particolare copricapo che indossano solo loro e gli alti prelati del cristianesimo, nessuno sa perchè di sabato non usiamo auto e strumenti elettronici (sempre che si sappia che non li usiamo). Pretendiamo tanto dai goyim nostri connazionali in termini di rispetto, ma siamo generalmente troppo pigri a dare validi motivi quotidiani per meritarcelo. Non bastano i musei ebraici (che restano comunque utilissimi e fondamentali) perchè rispondono all’esigenza di un pubblico già in partenza interessato, che è lui a venire da noi; dobbiamo essere noi ad andare da chi non verrebbe, ma non verrebbe non per odio o convinzioni politiche di qualche genere, ma semplicemente da chi non verrebbe perchè non ci ha mai pensato, perchè non ha mai avuto un contatto con noi e non ha mai minimamente considerato l’ipotesi di conoscerci. Ecco, se almeno riuscissimo a raggiungere questa parte della popolazione probabilmente riusciremmo a rubare terreno fertile per il diffondersi dell’antisemitismo e del razzismo in Italia ed in Europa.

Concludo questa mia personale riflessione augurandovi a nome del Consiglio UGEI il più sereno 25 Aprile, che sia un giorno di riflessione e di festeggiamenti.

 

Filippo Tedeschi

Consigliere UGEI con delega all’educazione, memoria e lotta all’antisemitismo


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