Harry Potter viene tradotto in Yiddish. L’intervista al traduttore Arun Viswanath

HP Yiddish

 

Quando nel 1995 ben dodici case editrici rifiutarono il manoscritto di “Harry Potter e la Pietra filosofale”, perché ritenuto troppo lungo o poco realistico, nessuno di loro immaginava di avere tra le mani uno dei più grandi capolavori della narrativa per ragazzi. 

“Non si faccia troppe illusioni, non si fanno soldi con un libro per bambini!” aveva detto l’agente Christopher Little a J.K. Rowling, quando due anni dopo la casa editrice Bloomsbury accettò di pubblicare il libro. 

Eppure le avventure del maghetto di Hogwarts e dei suoi amici, dei Mangiamorte e di Colui che non può essere nominato, hanno avuto un successo immediato tra grandi e piccoli, tanto che al primo libro ne sono succeduti altri sei. Una saga che ha fatto di Harry Potter un fenomeno editoriale globale e della sua creatrice Johanna Rowling, conosciuta da ora in poi con lo pseudonimo di J.K Rowling, la scrittrice più famosa e letta, ancora in vetta alle classifiche letterarie mondiali, quattordici anni dopo la pubblicazione del volume finale “Harry Potter e i doni della morte”. 

I libri della Rowling sono stati tradotti in più di 80 lingue, incluse il latino e il greco antico; dal Febbraio 2020, grazie al lavoro di un giovane studioso, discendente di una delle più grandi famiglie Yiddish d’America, Arun Viswanath, alla rosa delle traduzioni dei libri di Harry Potter, si aggiunge quella in Yiddish.

Nato a New York e cresciuto nel New Jersey, Arun Viswanath ha sempre frequentato scuole ebraiche ortodosse. Laureato ad Harvard, dopo un periodo di tempo in Israele. Parla ben 15 lingue, tra cui lo Yiddish, profondamente radicato all’interno della sua famiglia.

Le sue radici e la sua padronanza linguistica lo portano nel 2018 ad intraprendere la titanica impresa di traduzione del primo volume della saga di Harry Potter in Yiddish, che sarà pubblicato nel Febbraio 2020, con il titolo di Heri Poter un der filosofisher shteyn

Un lavoro lungo e complicato, ma il risultato è stata una traduzione del libro che ha riscosso notevole successo, che lo stesso traduttore Arun Viswanath racconta in un’intervista ad HaTikwa.

 

Da dove nasce l’idea di tradurre Harry Potter in Yiddish?

“In realtà è stata un’idea di mia moglie: lei è una grande fan di Harry Potter e io dello Yiddish, che parlo anche a casa. 

La mia famiglia ha continuato a parlarlo anche dopo esser andati via dall’Europa, dove molti hanno adottato le lingue dei paesi in cui immigravano, perciò parlo Yiddish con mia madre, con i miei fratelli e con i miei cugini. 

Quando ho detto a mia moglie che avrei voluto crescere i nostri figli parlando Yiddish, lei era inorridita del fatto che sarebbero cresciuti in un mondo in cui non esisteva una versione Yiddish della sua saga letteraria preferita. Ed è così che ho iniziato”.

 

La saga di Harry Potter contiene una serie di formule magiche e neologismi creati a posta da J.K Rowling; come è riuscito ad adattarli alla lingua Yiddish? 

“Il primo libro in effetti non aveva così tanti neologismi: questi sono arrivati dal secondo libro in poi, ma quando li ho trovati, ho cercato di riprodurre il gioco di parole o il simbolismo sonoro, in modo che suonasse naturalmente in Yiddish.

Un esempio è stata la parola per Quidditch: avrei potuto chiamarlo semplicemente kviditsh, quasi come fosse una traslitterazione,che suona abbastanza yiddish, ho invece scelto di tradurlo come shisbezem, che è stato ispirato dal detto yiddish  “az got vil, shist a bezem”, che significa “SE D-o lo vuole, (anche) una scopa può sparare”.

Ma ci sono stati molti altri modi in cui ho cercato di infondere alla mia traduzione un tocco più Yiddish: i personaggi ad esempio, ho fatto si che parlassero dialetti o registri specifici: Hagrid con un accento galiziano molto arretrato; Gazza, Piton e la McGranitt in dialetto Yiddish- lituano; e Silente in un registro pesante molto loshn-koydesh (ebraico e aramaico) tipico di un Chacham (un rabbino molto colto)”.

 

Quanto tempo ha impiegato per la traduzione del primo libro? Sta pensando di tradurre l’intera saga? 

“Ho impiegato un anno soltanto per la stesura della prima bozza; poi ci sono state una serie di revisioni che hanno richiesto un altro anno e mezzo di lavoro, quindi nel complesso quasi tre anni!

Attualmente sto lavorando alla traduzione del secondo volume “Harry Potter e la Camera dei Segreti”, che sta andando molto più lentamente, dal momento che ho avuto una bambina.

Mi piacerebbe tradurre l’intera serie, ma ogni libro diventa progressivamente più lungo, quindi vedremo cosa accadrà dopo il secondo libro”.

 

Durante il suo lavoro di traduzione ha avuto modo di confrontarsi con J.K Rowling? Che cosa pensa l’autrice della sua opera? 

“Non ho avuto modo di parlare direttamente con lei, ma ho sentito da seconde voci che era “contenta” dell’accoglienza positiva della traduzione da parte del pubblico. Non credo che abbia letto la mia traduzione, ma forse un giorno imparerà lo yiddish e ci arriverà!”

 

Harry Potter è un fenomeno editoriale globale. Quanto è importante a suo avviso avere questi libri nella cultura Yiddish? Come possono le storie del giovane maghetto entrare in contatto con questo mondo?

“In generale, il valore della traduzione ci dà l’opportunità di vedere e ascoltare personaggi familiari sotto una nuova luce, e il ruolo che la lingua gioca in questa.

Dal punto di vista utilitaristico, credo che ci sia un enorme valore pedagogico nell’avere questo tipo di opere moderne e ben note disponibili in yiddish: ci sono studenti che conoscono molto bene l’opera originale e potrebbero non necessariamente connettersi con l’ambientazione e lo stile della letteratura yiddish classica (o almeno, non ancora), e si spera che questa traduzione possa essere un trampolino di lancio in quel mondo letterario più ampio”.

 


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