19 Aprile 20156min

Festival del Libro Ebraico: i 5 libri che non possono mancare nella vostra libreria

modelloFiammelle3

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Il Festival del Libro Ebraico che si tiene a Ferrara dal 25 al 28 aprile è un’ottima occasione per incontrare di nuovo libri che hanno dato forma alla tua identità ebraica e che sono ora parte integrante del modo in cui vivi e pratichi il

tuo ebraismo, e conoscerne di nuovi che aggiungeranno altri tasselli a quelli già esistenti. Dopo aver

lavorato anni in una libreria, per me queste manifestazioni sono l’equivalente di un confortevole ritorno a

casa; ecco perché, presa dall’entusiasmo della ormai iper-utilizzata moda di stilare liste, come potrei non

lanciarmi anch’io in un elenco semiserio dei 5 titoli che in un modo o nell’altro hanno cambiato il mio modo

di percepirmi come ebrea? L’ordine è del tutto casuale, di sicuro ci sono altre cento opere che potrebbero

rientrare nell’elenco, ma per oggi accontentiamoci di questi.

“Il ghetto di Varsavia lotta”, M. Edelman: autobiografico, racconto delle discussioni avvenute all’interno

del ghetto di Varsavia che hanno portato alla decisione di mettere in atto la rivolta del 1943 e i giorni stessi

della rivolta attraverso gli occhi di uno dei giovani leader di questa impresa. A colpire sono la forza e la

lucidità mentale con cui i protagonisti di questo momento si approcciano a quella che sarà la loro morte, e

la consapevolezza di star combattendo per qualcosa di più grande rispetto a se stessi. Ogni giovane attivista

dovrebbe leggerlo. E anche quelli un po’ meno giovani.

“Il mio nome è Asher Lev”, C. Potok: non sarebbe letteratura ebraica senza Potok, e non sarebbe Potok

senza la serie dedicata ad Asher Lev. Una storia universale di rivolte generazionali ma anche di prese di

coscienza, di arte e di religione, di distacco e di riavvicinamento (spoiler alert: per quest’ultimo bisogna

leggere il seguito). Appena finito questo, correte in libreria a comprare altre due pietre miliari della

letteratura ebraica americana: “Il commesso” di Malamud e “Chiamalo sonno” di Henry Roth (decidiamo

che aggiungere titoli all’interno di una descrizione non vuol dire contravvenire all’aurea regola dei cinque

titoli che mi sono prefissata?)

“Di notte sotto il ponte di Pietra”, L. Perutz: la magia di Praga rende possibile raccontare questa storia che

vede protagonisti un re pazzo d’amore, una donna in una posizione difficile, e Rabbi Loew -il Golem vi dice

qualcosa?-. Perutz fa rivivere un mondo lontano in cui perdersi per qualche ora.

“Il Sabato”, A.J. Heschel: l’autore ci accompagna in un’analisi sul significato e sull’importanza dello shabbat

che parla a tutti, a prescindere dal grado di osservanza delle mitzvot.

“La promessa dell’alba”, R. Gary: chiunque abbia avuto una yiddish mame può decisamente ritrovarsi nelle

pagine di questo fantastico libro. Ritroviamo la storia del rapporto dell’autore con la propria madre,

partendo da quando da piccolo lei gli assicura che avrebbe conquistato il mondo, come nella migliore

tradizione di ogni madre iperprotettiva che si rispetti. Come ogni libro di Gary, da prendere quasi a scatola

chiusa.

Libro Bonus: “A Dio spiacendo”, S. Auslander: uno dei libri più divertenti pubblicati negli ultimi anni.

Consiglio: se non volete essere “la ragazza pazza che ride da sola in metropolitana senza apparente motivo

davanti a un libro” non leggetelo quando siete in pubblico circondati da sconosciuti. Altrimenti no problem.

Talia Bidussa


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