Facebook: storia di una dipendenza del XXI secolo

“Sto per cancellarmi da Facebook”
A quanti di voi è capitato di esprimere ad alta voce, sussurrare o anche solo pensare questa frase? Quanti hanno sentito l’esigenza di imparare a fare a meno del social network più popolare del mondo? Quello che ha compiuto dieci anni a febbraio, regalandoci dei mini trailer della nostra vita virtuale, quella che troppo spesso confondiamo con la vita vera.
Mi sento di scommettere che l’idea di prendere una decisione così radicale, sia passata per la testa a molti voi almeno una volta al mese, magari a settimana, addirittura una volta al giorno. Altrettanto probabilmente però nessuno ha mai avuto il coraggio di premere quell’icona grigio-azzurro, se non pochissimi impavidi degni di tutta la nostra stima. Come con ogni dipendenza che si rispetti allora, cerchiamo di giungere a compromessi con noi stessi, ci raccontiamo di poterne fare a meno quando vogliamo, promettiamo di non controllarlo più la mattina a con la tazza del caffè ancora in mano e la sera quando siamo già sotto le coperte, cancelliamo l’applicazione sullo smartphone con l’impegno di accedervi solo dal pc. Il fallimento però è in agguato dietro l’angolo e, ancora una volta, ci ritroviamo con il telefono in mano alla fermata dell’autobus a reistallare quell’app….
Come dei fumatori incalliti: solo una sbirciatina rapida alla nostra Home, per controllare che il mondo proceda su binari giusti e che la Terra continui a girare intorno al Sole. La verità delle verità, quella che cerchiamo però disperatamente di tenere nascosta,è che chiudendo quella Home non ci sentiamo affatto più tranquilli e sereni, ma anzi siamo spesso presi da ansia, angoscia , frustrazione, lo conferma un recente studio di Anxiety UK società no-profit che si impegna a promuovere la riabilitazione di persone affette da panico e stress.
Forse in cerca di ispirazione per questo articolo, apro Facebook e trovo solo foto di gente che si laurea (136like), si sposa (218like), fa figli bellissimi (354like), di serate indimenticabili (46like) di vestiti che stanno d’incanto (37like), di torte magnifiche (29like) di gente che scia abbronzata e sorridente sotto al sole, (27like), di panorami mozzafiato e tramonti sulla spiaggia di Bali, di vacanze in luoghi del mondo che non sapevo nemmeno esistessero, di deliziosi brunch e aperitivi, di messe in piega sempre perfette, di coppie felici e primavere che ci corrono incontro. E i like non si contano più….
Tutti scrivono status interessanti o divertenti o ironici al punto giusto, alcuni sono addirittura informati sulla politica estera del Burkina Faso. Due settimane fa tutti erano critici cinematografici della “Grande Bellezza”, il giovedì tutti si trasformano in critici gastronomici davanti a Masterchef, (Masterchef Junior sono certa ci regalerà grandi sorprese)
Mi rendo conto che il social network del nostro caro Mark, genera una costante ansia da prestazione, quella continua sensazione di dover essere abbastanza. E non saprei dire abbastanza cosa, dipende dal momento: abbastanza sole, abbastanza brunch, abbastanza mare, abbastanza felici, abbastanza movida, abbastanza innamorati, abbastanza qualcosa su cui qualcuno abbia un motivo per mettere like. Realizzo che qualsiasi cosa, evento, emozione, qualsiasi bella giornata deve essere condivisa su Facebook – meglio se in tempo reale – per poter dimostrare (agli altri o a noi stessi?) che l’abbiamo davvero vissuta.
Realizzo che si è quasi invertita la consecutio fotograforum: che se prima facevo una bella foto e poi pensavo di volerla condividere, ora ho quasi la sensazione di essere alla ricerca di scatti like-abili da postare sul mio wall. Come se il numero di like altrui potesse rafforzare un po’ il mio ego, o meglio la mia consapevolezza di aver fatto una cosa particolarmente figa.
Per un attimo mi viene il dubbio che solo io abbia le occhiaie prima di truccarmi, che solo a me capiti la sfuriata con quell’amica, che solo io abbia giornate in cui mordo o in cui voglio restare sdraiata sul divano con un barattolo di nutella e i DVD di Grey’s Anatomy, che solo i miei capelli non stiano bene in nessun modo, che solo io dimentichi di mettere il lievito nell’impasto della torta.
Ma uno spasmo di razionalità mi riporta alla realtà, quella vera, quella delle leggi di Murphy e del sito www,vitadimerda.it . E – d’improvviso- mi sento sollevata, a tutti capitano giornate di m****!!
Allora lo prometto, domani mi cancello. Forse no, ma magari una selfie con il cipollone e il pigiama di Titti la posto.
Sara Astrologo

L’Unione Giovani Ebrei d’Italia (UGEI) è un’organizzazione ebraica italiana. Essa rappresenta tutti gli ebrei italiani di età compresa tra i 18 e i 35 anni. L’organo ufficiale di stampa UGEI è HaTikwa: un giornale aperto al confronto di idee.