Esodi ebraici: sul Tappeto Volante, dallo Yemen verso Israele
di Ghila Schreiber
Le origini della presenza ebraica in Yemen sono vaghe, ignote o comunque affiancate da miti e leggende che da sempre accompagnano questa storia. Comunità antichissima, plausibilmente attirata dalle opportunità di commercio di spezie e profumi, che viene attestata con sicurezza solo a partire dal quinto secolo d.C. con la formazione di un regno ebraico, detto “Himyar”. Fra i suoi sovrani si ricorda Yūsuf Dhū Nuwās (518-125), che fu anche l’ultimo a seguito della sconfitta contro gli invasori etiopi cristiani. Malgrado assoggettati allo status sociale inferiore di dhimmi (gente del libro) – imposto ai non-musulmani dal Patto di Omar che garantiva la possibilità di professare la propria religione in cambio di una tassa – una fonte del nono secolo attesta che gli ebrei yemeniti potessero comunque possedere terre e che la loro condizione economica fosse comunque buona. Abili commercianti e artigiani, contribuirono attivamente allo sforzo economico del Paese e, per lunghi periodi, mantennero rapporti di tolleranza con i vicini musulmani, nonostante momenti di difficoltà e sofferenza come l’esilio di Mawza (1679-80), voluto dalla dinastia sciita degli Zaiditi. Gli ebrei yemeniti svilupparono una cultura originale, ma rimasero spesso in contatto con le altre comunità ebraiche della diaspora, come testimonia la celebre lettera yemenita di Maimonide risalente al 1170, dopo il caso di un falso messia anonimo apparso nel Paese. Un elemento culturale caratterizzante di questa comunità è sempre stato l’attaccamento religioso e spirituale alla Terra di Israele, espresso in maniera intrinseca nelle poesie del grande poeta Salim al Shabzi (XVIII secolo, chiamato anche Shalom Ben Joseph Shabazi), i cui scritti sono tuttora letti e amati nelle case ebraiche yemenite. “La tradizione yemenita si basa molto sulla gioia, spesso manifestata attraverso il canto e l’istruzione. La maggior parte degli ebrei provenienti dallo Yemen sapeva leggere, a volte anche al contrario, poiché abituati a momenti di studio della Torah in cerchio attorno a un maestro – ci spiega Atarà Shaer Yacobi, insegnante israeliana di origine yemenita trasferitasi a Milano da qualche anno – Alcuni di loro usavano addirittura scrivere in “Ktav Rashi”, l’alfabeto utilizzato per distinguere il commentatore medievale, e sono molte le persone che individuano la pronuncia ebraica degli ebrei yemeniti come la più corretta e autentica.” Nel XVIII secolo, la stabilità della dinastia degli Imani Kassamiti assicurò agli ebrei yemeniti condizioni di notevole integrazione, ma nel XIX secolo il Paese cadde nel caos a causa di rivolte tribali e invasioni che finirono per prevalere. Nel 1839, gli Inglesi ne approfittarono per occupare la città portuale di Aden, attraverso la quale si accentuò il contatto tra gli ebrei yemeniti e i loro correligionari nel mondo. Poi, nel 1872, lo Yemen tornò ad essere una provincia ottomana, aprendosi alle influenze straniere, ma nel 1891 una rivolta contro gli ottomani ricostituì il potere sciita e di conseguenza lo statuto di dhimmi per gli abitanti ebrei. Quindi, tra il 1880 e il 1914 si svolse il primo massiccio esodo degli ebrei dello Yemen verso la Palestina ottomana. Con il forte incremento dell’antisemitismo in Europa e in Medio Oriente, le condizioni di vita degli ebrei in diaspora peggiorarono notevolmente. Nel 1924, il governatore del nord dello Yemen, l’imam Yahya, proibì ufficialmente agli ebrei l’immigrazione in Palestina. Divieto che venne però scavalcato da alcuni attraverso lo scalo nella colonia britannica di Aden. All’inizio della Seconda Guerra Mondiale, erano circa 28mila gli ebrei di origine yemenita in Palestina. Nel dicembre 1947, dopo il Piano di spartizione, un assalto ad Aden provocò l’uccisione di circa ottanta ebrei yemeniti e, come precedentemente accaduto nel 1933, diverse abitazioni e attività commerciali furono devastate. Solamente dopo aver insegnato ai connazionali musulmani i lavori, soprattutto manuali, in cui spiccavano, agli ebrei yemeniti del nord fu concesso dall’imam Ahmad di emigrare in Israele: tra il giugno 1949 e il settembre 1950 si svolse dunque l’operazione “Tappeto Volante” anche detta “Sulle ali delle aquile”, che tramite trasporto aereo riuscì a trasferire circa 50 su 51 mila ebrei stimati in Yemen verso Israele. Furono mossi da un profondo sentimento sionista in misura tale da sorprendere anche lo Stato ebraico e l’agenzia in carico dell’operazione, che non erano preparati alla massa di persone in fuga. All’arrivo in Israele, gli ebrei yemeniti furono smistati in campi di accoglienza, ma l’integrazione fu segnata da grandi ostilità. Le difficoltà comunicative date dalla lingua e dai costumi diversi furono elevate e portarono a grandi divisioni anche familiari, ma su cui non sussiste una responsabilità di Stato, che ancora oggi è impegnato per fare chiarezza sulla questione. Nel 1959, altri tremila ebrei di Aden emigrarono in Israele, Stati Uniti e Regno Unito. Ma l’emigrazione venne bruscamente interrotta nel 1962, a causa di una guerra civile nel nord dello Yemen. La questione ebraica complicò spesso i già difficili rapporti tra Sana’a (capitale dello Yemen, riunificato dal 1990) e gli USA, portando ad alcune aperture nei loro confronti da parte del presidente Ali Abdullah Saleh nel corso degli anni ’90 e primi anni 2000. In questo periodo, gli ebrei yemeniti coabitavano con la popolazione musulmana, lavorando in officine di carpenteria metallica, falegnameria e meccanica d’auto. La situazione precipitò poi nel 2007, quando gli Houthi (un gruppo armato di prevalenza sciita zaydita, che prende il nome dal radicale Hussein Bedreddin al-Houthi, e sostenuto dall’Iran) moltiplicarono le minacce e gli atti di intimidazione contro gli ebrei, scandendo slogan contro l’America e Israele. Nel 2008, a causa dell’operazione militare “Piombo Fuso” (intenzionata a eliminare Hamas dalla Striscia di Gaza) molteplici ebrei dovettero abbandonare le loro case per via delle azioni violente degli Houthi, in quel momento già in guerra con l’esercito nazionale. L’omicidio dell’insegnante ebreo di Raydah Moshe Yaish Nahari sconvolse le comunità ebraiche di Raydah e altri membri ricevettero lettere d’odio e minacce telefoniche. Il saccheggio della storica libreria di Saada portò infine alla decisione del governo di Saleh di trasferire circa un centinaio di ebrei di questa città in un’énclave blindata nella capitale. Nel luglio 2014 gli Houthi assunsero il controllo della provincia di Amran, culminando la loro avanzata militare nel settembre dello stesso anno, con la presa della capitale Sana’a. Nell’ottobre 2015, il governo yemenita impose alla piccola comunità ebraica la conversione all’Islam o l’abbandono del Paese, portando a un’ulteriore emigrazione verso Israele e gli Stati Uniti. Diciannove tra gli ultimi ebrei rimasti in Yemen furono condotti in Israele tramite trasporto aereo il 21 marzo 2016, dall’Agenzia Ebraica. La settimana seguente, Rabbi Yahia Youssef Yaish venne arrestato dal governo yemenita per aver aiutato il gruppo a far uscire dal Paese una Torah dal valore storico e culturale elevato, considerato di proprietà del governo. Nel 2020, 42 dei circa 100 ebrei rimasti emigrò negli Emirati Arabi (a seguito nei nuovi accordi diplomatici con Israele e gli Stati Uniti) seguiti poi da altri. Il 28 marzo 2021, 13 ebrei furono costretti a lasciare lo Yemen dagli Houthi e vennero rilocati in Egitto. Nel 2022, le Nazioni Unite riportarono l’esistenza di un solo ebreo in Yemen, molto probabilmente Levi Salem Musa Marhabi, illegalmente imprigionato e torturato dal gruppo terroristico. Tanti esodi che arrivano fino ai giorni nostri. Ancora oggi, nonostante la presenza ebraica in Yemen sia scomparsa, l’eco dell’odio antiebraico si riversa sull’attuale battaglia navale che gli Houthi stanno perpetrando contro America, Israele e tutti i “Paesi del Male”. Nonostante ciò, le nuove generazioni di ebrei yemeniti israeliani rappresentano uno dei tasselli più vivaci e fortemente attaccato alla tradizione ebraica della società, a dimostrazione di come le peculiarità di questa comunità non siano andate perdute. Israele riflette la bellezza della multietnicità, riuscendo allo stesso tempo a valorizzarne e proteggerne ogni componente.
FONTI:
- Atlante Storico del Popolo Ebraico – Zanichelli (1996)
- https://moked.it/blog/2016/12/11/dallo-yemen-a-eretz-israel-la-grande-aliyah/
- https://www.jewishvirtuallibrary.org/jews-of-yemen
- Wikipedia – Operazione Tappeto Volante
- https://jewishinsider.com/2022/03/only-one-jew-remains-in-yemen-u-n-says/
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