Ebrei & Videogiochi

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HaTikwa, di Nathan Greppi

Nell’ultimo decennio, l’industria videoludica ha visto una crescita esponenziale: nel 2018 aveva un fatturato globale di 137,9 miliardi di dollari, superando il fatturato del cinema (42 miliardi) e della musica (37 miliardi).

Tralasciando il fattore economico, è innegabile che i videogiochi abbiano lasciato un segno indelebile nelle vite di molti di noi: quanti non hanno giocato almeno una volta ai Pokemon, a Kingdom Hearts o a Ratchet & Clank? Quanti non sono mai stati sgridati dai loro genitori perché passavano troppo tempo al Gameboy o alla Playstation? Ma soprattutto quanti, giocando a Grand Theft Auto 4, non hanno fatto attenzione a non investire gli ebrei ortodossi? Se si facesse un sondaggio in merito, pochi nell’UGEI potrebbero dire di non avere alcuna familiarità con le situazioni sopra elencate.

A questo punto vale la pena di chiedersi se ci sono ebrei che hanno dato un contributo a quella che ormai sta venendo sempre più riconosciuta come una forma d’arte, oltreché come un’industria. Di seguito elencheremo gli esempi più importanti.

I pionieri

Partendo dalle origini non si può non parlare di Josef Kates (1921 – 2018): nato a Vienna da genitori ebrei, emigrò prima in Italia e poi in Inghilterra per sfuggire ai nazisti. Tuttavia, venne arrestato dai britannici assieme a circa 2300 emigranti austriaci e tedeschi poiché visti come potenziali spie e deportato in Canada, dove venne internato in un campo di prigionia per quasi due anni.

In seguito lavorò a Toronto come ingegnere, e nel 1950 inventò Bertie the Brain: come spiega il libro Il videogioco del critico videoludico Lorenzo Mosna, questo fu il primo videogioco dotato di un software di intelligenza artificiale capace di compiere delle mosse per cercare di battere il giocatore, oltre ad avere vari livelli di difficoltà. Purtroppo, il gioco ebbe vita breve, poiché fu presente e operativo solo dal 25 agosto al 9 settembre di quell’anno a un’importante fiera di Toronto, per poi essere smantellato. Infatti, il computer su cui era programmato Bertie the Brain era alto 4 metri, e fu successivamente usato dal suo inventore per altri scopi.

Un precursore delle odierne console fu invece Ralph Baer (1922 – 2014): nato in Germania, anch’egli come Kates fuggì con la famiglia, emigrando a New York. Qui aveva già immaginato negli anni ’60 un sistema per “giocare con la televisione”, e il primo risultato concreto fu un apparecchio chiamato Brown Box, realizzato nel 1968: il nome è dovuto al fatto che la parte esteriore era stata fabbricata in legno marrone chiaro, così come la parte esteriore dei primi joystick.

Quando Baer tentò di proporlo alle aziende televisive, ci vollero 4 anni e numerosi rifiuti prima che una società, la Magnavox, acquistasse i diritti per realizzarne una nuova versione: nel settembre 1972 venne così messa sul mercato la Magnavox Odissey, la prima console. Rimase in commercio solo 3 anni, anche perché non avevano ancora capito quale sarebbe stato, sul lungo termine, il pubblico di riferimento di questi prodotti: bambini e adolescenti.

Gli attuali protagonisti

Tra gli ebrei che in anni più recenti hanno svolto ruoli chiave nell’industria videoludica vi è l’americano Jason Rubin, che nel 1985 fondò, all’età di soli 15 anni, la società Naughty Dog assieme all’amico Andy Gavin. Dal 1996 i due sono famosi soprattutto per essere gli autori della celebre saga di Crash Bandicoot, dove si impersona un marsupiale antropomorfo che deve affrontare un perfido scienziato pazzo. Rubin ha lasciato la Naughty Dog nel 2004, tre anni dopo averla ceduta al gruppo Sony. Dal 2012 lavora per Oculus VR, società appartenente a Facebook che si occupa di realtà virtuale.

Ma anche in seguito i prodotti della Naughty Dog hanno continuato a riscuotere successo, e in parte il merito è dell’attuale vicepresidente, Neil Druckmann: di origini israeliane, è noto per aver sviluppato e co-scritto la serie di videogiochi d’avventura Uncharted, uscita tra il 2007 e il 2016, che racconta le gesta di Nathan Drake, cercatore di tesori che afferma di essere un discendente del noto pirata Francis Drake. Nel 2013 Druckmann è stato anche autore e direttore creativo del post-apocalittico The Last of Us, il titolo per la Playstation 3 più venduto di quell’anno e dal quale a breve verrà tratta una serie televisiva.

Altro imprenditore di origini ebraiche è Ken Levine, fondatore nel 1997 della società Irrational Games, che ha chiuso nel 2014. Levine è stato autore di diversi videogiochi d’azione, tra cui Bioshock, uscito nel 2008 e tra i giochi d’azione di maggior successo di quel periodo. Nonostante non sia credente, Levine ha attinto fortemente alle sue radici ebraiche per il suo lavoro, tanto che in Bioshock diversi personaggi hanno origini ebraiche. Mentre tra gli sceneggiatori ebrei va annoverato anche Jeffrey Yohalem, noto per aver scritto parte delle sceneggiature della celebre serie Assassin’s Creed.


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L’Unione Giovani Ebrei d’Italia coordina ed unisce le associazioni giovanili ebraiche ed i giovani ebrei che ad essa aderiscono.


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