EastMed, un’opportunità per l’Europa
di David Fiorentini
Israele ha cominciato a trivellare nelle sue acque territoriali più di venti anni fa, diventando nel 2009 autosufficiente per il gas naturale, in particolare grazie al giacimento offshore di Tamar. Quindi, nel momento in cui Noble Energy, la ditta americana che amministra Tamar per conto del governo israeliano, ha scoperto l’ancora più grande giacimento Leviathan nel 2010, Israele ha raggiunto riserve che superano di gran lunga il suo fabbisogno, entrando così nel business dell’esportazione del gas naturale.
Il progetto
Il più importante progetto di questo nuovo settore è senza dubbio il gasdotto EastMed: sviluppato da IGI Poseidon S.A., in una 50/50 Joint Venture tra la greca DEPA S.A. e l’italo-francese Edison S.p.A., il progetto assicurerà una linea di esportazione diretta dalle nuove scoperte di gas dal Mediterraneo orientale all’Europa meridionale. In particolare, il gasdotto, composto da 1300 km offshore e 600 km onshore, è pensato per trasportare almeno 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno dalle riserve offshore di Cipro e Israele fino in Grecia, dove, in congiunzione con le linee Poseidon e IGB, potrà raggiungere l’Italia e il sud-est d’Europa.
Il piano, dal costo di circa sei miliardi di euro, in linea con l’obiettivo della ENTSOG (European Network Transportation System Operators of Gas) di creare un mercato europeo unico per il gas e una trasmissione sicura e affidabile capace di soddisfare i futuri bisogni europei, è stato dichiarato dall’UE Progetto di Interesse Comune (PCI) e persino incluso nel Progetto di Sviluppo Decennale dell’UE (TYNDP). Per di più, nell’aprile del 2017, durante un summit ministeriale tenutosi a Tel Aviv con i Ministri dell’Energia d’Italia, Grecia, Cipro e Israele, è intervenuto anche il Commissario Europeo Miguel Arias Canete; questi, per riaffermare il supporto all’implementazione del progetto, ha assistito alla firma di un’ulteriore dichiarazione condivisa tra i Paesi coinvolti.
EastMed, la cui operatività avrà inizio nel 2025, ha smosso l’interesse anche degli Stati Uniti, che al summit intergovernativo tra Cipro, Grecia e Israele del Gennaio 2020, hanno applaudito l’iniziativa e celebrato la nuova alleanza internazionale. Essa, insieme al gasdotto armeno TAP, si aggiunge ai progetti per liberare l’Europa dalla dipendenza dal gas russo.
L’occasione per l’Italia
Per l’Italia questo progetto può portare a diversificare notevolmente i consumi energetici. EastMed potrebbe soddisfare buona parte del fabbisogno nazionale di gas naturale, non solo slegando leggermente l’Italia dal gas russo, ma anche sopperendo alla carente produzione di gas naturale italiano, che negli ultimi venti anni è diminuita del 70%. Posizione sostenuta anche dall’ex Ministro per lo Sviluppo Economico Carlo Calenda, che nell’incontro intergovernativo del 2017 a Tel Aviv, aveva definito EastMed-Poseidon “un fondamentale asse di sviluppo della strategia energetica complessiva del Mediterraneo“.
L’interesse è stato anche ribadito a distanza di due anni dall’allora Ministro dell’Interno Matteo Salvini che, in occasione della visita a Gerusalemme e dell’incontro con il Primo Ministro Benjamin Netanyahu, aveva promosso l’infrastruttura e chiesto alle aziende italiane di investirci. Un endorsement poco gradito agli alleati di governo pentastellati, i quali, sotto le pressioni dei movimenti ambientalisti e anti-TAP, portarono il Premier Conte ad affermare che “sicuramente in questo momento il governo non ha alcuna sensibilità per realizzare il tratto finale di Poseidon come originariamente progettato”. Non è bastato l’accenno di collaborazione del Ministro per lo Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, che il 2 Gennaio 2020 ha inviato una lettera alla sua controparte greca in cui esprimeva “le sue più sentite congratulazioni per il successo dell’iniziativa EastMed, che l’Italia continua a sostenere”.
Purtroppo, il progetto è stato nuovamente bloccato dal Governo italiano che, nel PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’energia e il clima, ndr) presentato lo scorso 24 Gennaio, ha posto la parola fine, alla partecipazione italiana in EastMed. “Il progetto – è scritto nel PNIEC – potrebbe non rappresentare una priorità visto che gli scenari di decarbonizzazione possono essere attuati tramite le infrastrutture esistenti”.
La visione di ENI, il filo tra Italia, Egitto ed EeastMed
Il quadro italiano si infittisce ancor di più se allo scetticismo degli ambientalisti 5Stelle, si aggiungono gli interessi delle grandi ditte italiane. Se da un lato la SAIPEM “sarebbe – scrive il Corriere della Sera – la candidata ideale per il lavoro di posa” e la SNAM potrebbe rilanciare la propria rete gas, dall’altro, il Cane a Sei Zampe, oltre al 26 per cento di Damietta, uno degli unici due impianti di liquidificazione del gas presenti nel Mediterraneo orientale, possiede moltissimi giacimenti in Egitto. Tra questi anche Zohr, ad oggi di gran lunga il più ricco del Mediterraneo, e Noor, che secondo alcune stime potrebbe avere addirittura una capacità tripla di Zohr. Questi enormi giacimenti, hanno il potenziale di estinguere per molti decenni le preoccupazioni energetiche del Cairo, permettendo al Paese arabo di divenire un importante esportatore intercontinentale. Per questo, ENI si troverebbe in una posizione privilegiata per sfruttare l’ascesa dell’Egitto, facendo una spietata concorrenza al progetto israeliano.
Tuttavia, questi timori sono fugati dallo stesso amministratore delegato di ENI Claudio Descalzi, il quale ha indicato opportunità per entrambi i Paesi per sviluppare i loro giacimenti e guadagnare. Nella sua visione, Descalzi, che ha incontrato di recente sia il Presidente egiziano, Abdel Fattah el-Sisi, che il Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, sostiene come Israele ed Egitto possano collaborare esportando gas verso l’Europa e creando un grande hub del Mediterraneo orientale. Dello stesso parere sono anche Maher Aziz, membro del Consiglio Mondiale dell’Energia, e Ramadan Abul Ela, professore di ingegneria petrolifera e vicepresidente dell’Università Pharos di Alessandria, secondo cui il progetto EastMed, anche se si tratti di un messaggio inviato all’Egitto con cui mettere in luce l’esistenza di un’alternativa alla fornitura di gas verso l’Europa, non avrà alcun impatto negativo sul Cairo.
La minaccia Turca
Grazie all’ottimismo generato da queste valutazioni e il miglioramento delle relazioni internazionali tra i Paesi mediterranei, il 16 Gennaio 2019 Egitto, Cipro, Grecia, Israele, Italia, Giordania e Autorità Palestinese hanno firmato la costituzione dell’East Med Gas Forum (EMGF): una piattaforma per la cooperazione nel settore del gas naturale nel contesto del Mediterraneo orientale. Tuttavia, spicca clamorosamente l’assenza di un altro giocatore molto influente nella regione: la Turchia. A tal proposito, il ministro greco Hatzidakis ha affermato che Ankara potrebbe anche entrare a far parte dell’organizzazione, ma solo a condizione che rispetti la legge internazionale. “Sfortunatamente, finora le attività illegali della Turchia nella EEZ di Cipro e la firma del famigerato memorandum con il governo di Farez al Sarraj in Libia hanno provato il contrario”.
Il 27 Novembre 2019, il Governo di Accordo Nazionale Libico (GNA) e la Turchia hanno sancito un controverso memorandum riguardo la loro sovranità marittima, mettendo a repentaglio l’intero progetto EastMed. Basandosi sulle distorsioni geografiche che la Turchia ha introdotto, la EEZ turca arriverebbe ad incontrarsi con quella libica, tralasciando la sovranità delle maggiori isole greche. Ankara sostiene infatti il concetto per cui le EEZ debbano essere definite esclusivamente dal territorio continentale di una nazione, piuttosto che dalle sue isole; una posizione totalmente inaccettabile per la Grecia. Per questo motivo, non appena il memorandum fu reso pubblico, è stato rigettato immediatamente da varie nazioni mediterranee, in particolare Egitto, Cipro, Grecia e Israele.
Anche l’UE ha dichiarato che “il memorandum tra Turchia e Libia infrange i diritti di sovranità di stati terzi e non si allinea alle Leggi del Mare dell’ONU”, così come gli Stati Uniti, che hanno definito l’accordo come “inutile e provocatorio”.
Il tacito assenso della Russia
L’ultima pedina di questa scacchiera mediterranea è la Russia. Il paese provvede per circa il 47% dei volumi di gas naturale importati dall’UE, e per questo motivo l’alternativa EastMed potrebbe essere vista come una pericolosa minaccia.
Ciononostante, la Russia non ha ancora interferito direttamente sul progetto. Il motivo principale di tale scelta è il bilanciamento a livello europeo di EastMed con ben due nuovi gasdotti Gazprom, TurkStream e North Stream 2. Le due linee, raggiungendo l’Europa Meridionale e la Germania, aumenteranno l’importazione di gas naturale dalla Russia e verso l’UE di addirittura il 17%. L’eventualità di una cancellazione dei due progetti, a causa di una diatriba legata alla concorrenza di EastMed, è molto più preoccupante dell’alternativa stessa proposta da Israele, Grecia e Cipro. Perciò, la Russia non può far altro che dare il proprio consenso alla nuova alleanza mediterranea e concentrarsi sui propri gasdotti.
Una nuova energia per l’Europa
In sintesi, EastMed è ben più di un semplice gasdotto: ha un significato geopolitico profondamente rivoluzionario. La complessità del quadro energetico europeo gioca un ruolo molto importante nella politica estera dei Paesi membri, e in particolare dell’Italia, che per assecondare i propri fornitori spesso si è posta in posizioni molto controverse. La contrarietà alle grandi opere da parte del Movimento 5 Stelle rischia di lasciare spazio alle mire espansionistiche turche e di vincolare l’Europa alla politica di Mosca, minando pesantemente l’esistenza stessa dell’Occidente.
Il nuovo gasdotto invece potrà avvicinare l’Europa all’unica vera democrazia del Medio Oriente, garantendo una partnership tra alleati leali e che condividono gli stessi valori. Per di più, coinvolgendo numerose aziende italiane, il progetto potrà ridare rilievo internazionale all’industria siderurgica italiana e creare numerosi posti di lavoro. Infine, l’intermediazione dell’ENI potrebbe persino supportare le relazioni tra Israele, Egitto e altri paesi che, intraprendendo nuove relazioni economiche, potranno muovere ulteriori passi verso la pace.
L’Unione Giovani Ebrei d’Italia (UGEI) è un’organizzazione ebraica italiana. Essa rappresenta tutti gli ebrei italiani di età compresa tra i 18 e i 35 anni. L’organo ufficiale di stampa UGEI è HaTikwa: un giornale aperto al confronto di idee.