Daniele Di Nepi – Viva la democrazia israeliana

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La scorsa settimana, ho avuto il piacere di essere presente al raduno studentesco sportivo delle università e college israeliani. Ad Eilat, la città più a sud del paese, mi sono ritrovato circondato da un gruppo che rappresentava il melting pot israeliano: ragazzi da ogni zona del paese, di origine diverse e, ovviamente, di religioni diverse, a sottolineare la bellezza del multiculturalismo e della libertà sancite dalle leggi del paese.

Questo succede poche settimane dopo l’elezioni politiche, che, tra gli altri verdetti,  hanno affermato “La Lista Unita”, lista composta principalmente da arabi israeliani, quale terzo partito all’interno della Knesset, il parlamento israeliano. Non va scordato, infatti, che circa il 20% della popolazione israeliana è composta da arabi, i quali non sono altro che palestinesi rimasti all’interno dei confini israeliani e che hanno ricevuto la cittadinanza israeliana. Molti di essi sono imparentati con le famiglie della West Bank o di Gaza.

Questi sono due degli effetti della democrazia israeliana che, anche con i suoi difetti, viene data ovviamente per scontata ma che, non va scordato, è eccezione in Medio Oriente.

Vediamo venti integralisti soffiare che ci spingono a lottare nuovamente per salvaguardare i principi a noi tanto cari, anche nelle capitali europee. Israele si trova quindi circondata e minacciata in un fuoco di tensioni, vedendo la sua stessa sopravvivenza come una lotta continua. La nuova sfida di Israele sarà anche quella di non farsi risucchiare dal vortice violento che sta infuocando i paesi vicini o dalla influenze antidemocratiche che essi emanano. Paesi dove comanda il più forte e non l’insieme dei cittadini, come in democrazia. La sfida sarà quella di continuare a distinguersi per la propria eccezionalità. Non arriva quindi a caso, qualche giorno fa, l’appello del Presidente Rivlin, che, facendo probabilmente riferimento a frasi ambigue sentite al culmine della campagna elettorale, ha sottolineato come il Governo sia chiamato ad agire per il bene di tutti i cittadini, ebrei, arabi o appartenenti ad altre minoranze. Come ad affermare che democrazia vuol dire anche difendere i più lontani. Lontani politicamente, etnicamente o religiosamente. Che siano essi i cristiani di Nazareth, i Drusi del Golan, i Mussulmani di Umm al-Fahm o gli Ebrei dei kibbutzim di Otef Aza. Come a sottolineare che dobbiamo continuare ad agire senza cadere nella tentazione di mettere i nostri valori in secondo piano.

Il dibattito israeliano interno, a volte accesissimo, non deve essere percepito come pericoloso, ma deve essere salvaguardato (nei limiti della legge israeliana), per arricchire il paese. La democrazia di Israele, paese sotto minaccia dal primo giorno della sua esistenza, viene costantemente messa alla prova. Ma è proprio nei momenti più difficili che Israele deve rimanere ferma sulle proprie basi, già fissate dai padri fondatori nella dichiarazione di indipendenza:

“…Quindi noi, membri del Consiglio del Popolo, rappresentanti della Comunità Ebraica in Eretz Israel e del Movimento Sionista, siamo qui riuniti nel giorno della fine del Mandato Britannico su Eretz Israel e, in virtù del nostro diritto naturale e storico e della risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dichiariamo la fondazione di uno Stato ebraico in Eretz Israel, che avrà il nome di Stato d’Israele […] Lo Stato d’Israele sarà aperto per l’immigrazione ebraica e per la riunione degli esuli, incrementerà lo sviluppo del paese per il bene di tutti i suoi abitanti, sarà fondato sulla libertà, sulla giustizia e sulla pace come predetto dai profeti d’Israele, assicurerà completa uguaglianza di diritti sociali e politici a tutti i suoi abitanti senza distinzione di religione, razza o sesso, garantirà libertà di religione, di coscienza, di lingua, di istruzione e di cultura, preserverà i luoghi santi di tutte le religioni e sarà fedele ai principi della Carta delle Nazioni Unite….”

Quando tutto il Medio Oriente (e non solo) sembra sfaldarsi, non c’è altro che augurarsi che Israele resti in equilibrio sulle sue nobili basi ebraiche e democratiche.

Viva la democrazia israeliana!

Daniele Di Nepi

Twitter: @danieledinepi


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