Covid-19: Odissea nella Terra Promessa
Bisogna innanzitutto specificare che io viaggiavo da privilegiato, nel senso che, avendo il passaporto israeliano ed essendo cittadino, posso andare in Israele. Ovviamente sono stati necessari degli step per l’ingresso, a causa della situazione pandemica: tampone molecolare entro 72 ore prima della partenza, modulo di accettazione per l’ingresso nel paese entro 24 ore, in cui bisogna esprimere quali sono le nazioni che hai visitato nei 14 giorni precedenti e la sottoposizione ad un secondo tampone molecolare all’arrivo.
Peraltro, chi si è vaccinato fuori da Israele era tenuto a fare la quarantena, ma quando sono andato c’era la possibilità alternativa di effettuare un tampone sierologico presso uno dei laboratori presenti nella lista sul sito del Ministero della Salute israeliano. Se dal tampone fosse risultata la presenza di anticorpi dovuti al vaccino, allora sarei potuto uscire dall’isolamento.
Mi trovavo a Gerusalemme, e tra i laboratori suggeriti ce ne erano due che non rispondevano al telefono e non permettevano la prenotazione online. Per questo mi sono dovuto recare a Silwan, che, per i non addetti alla cartina geografica di Gerusalemme, si trova ad Est, in una zona a grande maggioranza araba.
Si trattava dell’Ospedale Augusta Victoria ed aveva una connotazione tutta particolare, luterana.
Così sono uscito di casa per andare a fare il sierologico, ho preso un taxi, ma il primo tassista si è rifiutato di andare: ‘’Ho paura, non ti ci porto lì.’’ Il secondo, invece, pur esprimendo preoccupazione, mi ha condotto a destinazione, attendendo in macchina il mio ritorno.
All’Augusta Victoria tutto bene (togliendo il fatto che quasi nessuno parlava ebraico, ma inglese), fino a quando non si è perso il mio referto. Quindi ho chiamato il servizio clienti e poi ho chattato su Whatsapp con un addetto, che si è messo a cercare fisicamente il documento, gli ha fatto una foto in modo assolutamente amatoriale e me l’ha convertita in PDF. Una scena davvero divertente.
Ora toccava compilare il modulo messo a disposizione dal Ministero per richiedere l’uscita dall’isolamento, con l’unica controindicazione che c’era la possibilità di caricare un solo file; ho quindi costruito da computer un PDF immenso con tutta la documentazione che veniva richiesta, addirittura inserendo nelle note l’ordine di quanto avevo inserito. Mi è arrivata quindi una e-mail precompilata che certificava l’avvenuto invio e raccomandava la non uscita dall’abitazione fino all’arrivo della risposta.
Per due giorni non è arrivato assolutamente niente. Poi un’altra e-mail all’interno della quale veniva detto che i miei dati personali non risultavano dal database; in pratica non si certificava che io fossi in quarantena.
Passa un altro giorno e mezzo ed è arrivato un altro messaggio, all’interno del quale mi si chiedeva nuovamente di allegare il certificato vaccinale, così da considerare il sierologico effettuato come prova di anticorpi e che nel frattempo mi avrebbero considerato come un paziente in via di guarigione.
Ho riallegato tutta la documentazione richiesta e dopo altri due giorni mi sono arrivate delle ulteriori comunicazioni che certificavano il fatto che io non dovessi più essere in isolamento. Sembrava tutto risolto, ma due ore dopo arriva: ‘’Benvenuto in Israele, la tua pratica è questa, inizi oggi la quarantena di 14 giorni’’. Sarei dovuto tornare in Italia 11 giorni dopo.
Dopo una serie di consultazioni ho quindi deciso di non farci affidamento: sono uscito di casa facendo valere le ultime comunicazioni prima di questa, e dopo questo episodio non ho più avuto problemi.
Evidentemente la pratica è stata riaperta per sbaglio e sono stato particolarmente sfortunato, visto che mi sono confrontato con persone assolutamente entusiaste della gestione delle loro documentazioni. C’è da aggiungere poi che questo racconto oggi sarebbe in parte diverso, visto che la procedura cambia ogni poco tempo, quindi è importante rimanere sempre aggiornati.
Che dire, almeno ho avuto la possibilità di tornare!
di Simone Santoro
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