Commemorazione della Giornata in ricordo degli ebrei espulsi dai Paesi arabi e dall’Iran

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di Shulamit Bondì

Nel giugno 2014, il Parlamento israeliano (Knesset) designò il 30 novembre come Giornata mondiale in memoria dei rifugiati ebrei dai paesi arabi e dall’Iran. Una data interamente dedicata al ricordo di 850.000 persone costrette a fuggire lasciando le proprie case, i beni e quanto di più caro. Fu l’inizio di una terribile metamorfosi: le violenze che richiamavano alla ferocia dei pogrom, un clima ostile e di pericolo. Lo scorso 25 novembre, presso la sala di S. Maria in Aquiro del Senato della Repubblica, si è tenuto il convegno per commemorare quel tragico evento e dar vita a storie e ricordi affinché non possano mai sparire. Come le parole indelebili del libro di Roberto Arbib, in cui racconta di un’infanzia trascorsa in una Libia dilaniata dall’occupazione italiana, una vita segnata dall’odio della popolazione araba e dalle false promesse del Duce; un padre di famiglia costretto a iscriversi al Partito fascista per poi perdere sia il lavoro sia la cittadinanza, e quindi anche il ruolo di Presidente del Maccabi. Negli occhi di Ever Arbib, figlio di Roberto, sono emersi lo sconforto e la tristezza nel rievocare i ricordi dolorosi del padre e degli ebrei in generale, oggetto di violenze perpetue da parte della comunità musulmana: bambini accerchiati fuori dalla scuola, picchiati brutalmente a suon di “voi ebrei ci avete maledetto nei vostri cuori”. Non trionfò la vita nè tantomeno il desiderio di pace, in quel mondo in cui la violenza ha avuto la meglio. Fra i testimoni, anche David Gerbi, che ha vissuto quei momenti senza però rinunciare mai all’esaltazione della vita, sfondando i muri che gli venivano alzati contro. Dalle ceneri di un passato libico in fiamme, in Italia è riuscito a trovare il suo porto sicuro, mantenendo nel cuore Eretz Israel e portando avanti la memoria degli ebrei libici attraverso ASTREL, Associazione Salvaguardia Tradizioni e Retaggio Ebrei di Libia. Con la sua grande forza è riuscito a risanare le ferite della sua psiche e a portare conforto a tante altre persone. Senza rabbia né rancore, solo con la voglia di pacificarsi con un passato che torna in auge in paesi diversi e sotto forme nuove. L’antisemitismo è una battaglia non ancora vinta del tutto.


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